Translate

sabato 27 gennaio 2018

Preti Cattolici Indagati per pedofilia

Preti Cattolici 
Indagati o in attesa di Giudizio per pedofilia


sul sito http://retelabuso.org/preti-indagati-o-in-attesa-di-giudizio/ della Rete L'Abuso - Associazione Sopravvissuti agli abusi sessuali del Clero viene pubblicato l'elenco dei sacerdoti cattolici "attualmente indagati in Italia, in attesa di giudizio o di sentenza definitiva. L'elenco contiene anche coloro che si sono salvati grazie alla prescrizione" . L'elenco comprende 120 nominativi di sacerdoti indagati per pedofilia, riguardanti TUTTE le regioni d'Italia con maggiori concentrazioni nel Lazio e nelle Regioni del Nord-Ovest d'Italia.

giovedì 18 gennaio 2018

L'Amore è la forza della vita

L'AMMORE 
E' 'A FORZA
D' 'A VITA

L'Amore è la forza della vita

E' stato pubblicato per le Edizioni Nord-Sud il libro di poesie del cav. Francesco Russo, poeta, scrittore, innografo, animatore del Premio di Poesia "Aniello Califano", fondatore dell'Accademia Artisti Europei, nonché Gran Priore Internazionale della Confraternita dei Cavalieri Templari "Ugone dei Pagani"  Sacra Milizia del Tempio. Francesco Russo è una persona molto attiva nel mondo culturale, e non nuova nel capo della poesia, avendo precedentemente pubblicato già un apprezzato libro dal titolo "Schegge del mio essere", come testimonia anche il fatto che è stato chiamato a far parte della International Writers and Artists Association con sede internazionale negli USA. Innografo ha scritto la preghiera per Padre Adeodato Mancini, vescovo ortodosso di venerata memoria e per Sant'Ugone dei Pagani, glorificato nel Castello di Petroro - Todi (PG),  nel settembre scorso su postulazione dello stesso, dalla Chiesa Ortodossa Italiana  con cerimonia presieduta da mons  Filippo delle Terre di Roma. 
il cav. Francesco Russo con la Sacra Icona di Sant'Ugone dei Pagani

Sotto riportiamo una bellissima  poesia dedicata a Nostro Signore Gesù Cristo.

O Cristo

O Cristo,
ai piedi della Tua Santa Croce,
depongo la spada del mio orgoglio;
sul Tuo crostato trafitto e squarciato
spalmo il balsamo della mia miseriaM
sul Tuo capo sanguinante
lasciami deporre màmmole profumate
raccolte nel giardino della tua misericordia.

O Cristo
in nome della Tua Santa Croce,
simbolo dell'eterno umano riscatto,
illumina la mia mente bisognosa;
il Tuo Divino e pacato lamento
faccia vibrare d'amore il mio spirito;
il Tuo sanguedella pura innocenza
irrori l'albero della umana fratellanza.

Cav. Francesco Russo

martedì 16 gennaio 2018

Sant'Antonio Abate

Sant'Antonio il Grande

Sant' Antonio abate, detto anche sant'Antonio il Grande, sant'Antonio del Deserto, sant'Antonio l'Anacoreta (Qumans, 251 circa – deserto della Tebaide, 17 gennaio 357), fu un eremita egiziano, considerato il fondatore del monachesimo cristiano e il primo degli abati.
A lui si deve la costituzione in forma permanente di famiglie di monaci che sotto la guida di un padre spirituale, abbà, si consacrarono al servizio di Dio. La sua vita è stata tramandata dal suo discepolo Atanasio di Alessandria. È ricordato nel Calendario dei santi il 17 gennaio. La vita di Antonio abate è nota soprattutto attraverso la “Vita Antonii” pubblicata nel 357, opera agiografica attribuita ad Atanasio, vescovo di Alessandria, che conobbe Antonio e fu da lui coadiuvato nella lotta contro l'Arianesimo. L'opera, tradotta in varie lingue, divenne popolare tanto in Oriente che in Occidente e diede un contributo importante all'affermazione degli ideali della vita monastica. Grande rilievo assume, nella Vita Antonii la descrizione della lotta di Antonio contro le tentazioni del demonio. Un significativo riferimento alla vita di Antonio si trova nella “Vita Sanctii Pauli primi eremitae” scritta da Sofronio Eusebio Girolamo verso il 375. Vi si narra l'incontro, nel deserto della Tebaide, di Antonio con il più anziano Paolo di Tebe. Il resoconto dei rapporti tra i due santi (con l'episodio del corvo che porta loro un pane affinché si sfamino, sino alla sepoltura dl vecchissimo Paolo ad opera di Antonio) vennero poi ripresi anche nei resoconti medievali della vita dei santi, in primo luogo nella celebre Legenda Aurea di Jacopo da Varagine.
Antonio nacque a Coma in Egitto (l'odierna Qumans) intorno al 251, figlio di agiati agricoltori cristiani. Rimasto orfano prima dei vent'anni, con un patrimonio da amministrare e una sorella minore cui badare, sentì ben presto di dover seguire l'esortazione evangelica "Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi e dallo ai poveri" (Mt 19,21). Così, distribuiti i beni ai poveri e affidata la sorella ad una comunità femminile, seguì la vita solitaria che già altri anacoreti facevano nei deserti attorno alla sua città, vivendo in preghiera, povertà e castità.
Si racconta che ebbe una visione in cui un eremita come lui riempiva la giornata dividendo il tempo tra preghiera e l'intreccio di una corda. Da questo dedusse che, oltre alla preghiera, ci si doveva dedicare a un'attività concreta. Così ispirato condusse da solo una vita ritirata, dove i frutti del suo lavoro gli servivamo per procurarsi il cibo e per fare carità. In questi primi anni fu molto tormentato da tentazioni fortissime, dubbi lo assalivano sulla validità di questa vita solitaria. Consultando altri eremiti venne esortato a perseverare. Lo consigliarono di staccarsi ancora più radicalmente dal mondo. Allora, coperto da un rude panno, si chiuse in una tomba scavata nella rocca nei pressi del villaggio di Coma. In questo luogo sarebbe stato aggredito e percosso dal demonio; senza sensi venne raccolto da persone che si recavano alla tomba per portagli del cibo e fu trasportato nella chiesa del villaggio, dove si rimise.
In seguito Antonio si spostò verso il Mar Rosso sul monte Pispir dove esisteva una fortezza romana abbandonata, con una fonte di acqua. Era il 285 e rimase in questo luogo per 20 anni, nutrendosi solo con il pane che gli veniva calato due volte all’anno. In questo luogo egli proseguì la sua ricerca di totale purificazione, pur essendo aspramente tormentato, secondo la leggenda, dal demonio.
Con il tempo molte persone vollero stare vicino a lui e, abbattute le mura del fortino, liberarono Antonio dal suo rifugio. Antonio allora si dedicò a lenire i sofferenti operando, secondo tradizione, "guarigioni" e "liberazioni dal demonio".
Il gruppo dei seguaci di Antonio si divise in due comunità, una a oriente e l'altra a occidente del fiume Nilo. Questi Padri del deserto vivevano in grotte e anfratti, ma sempre sotto la guida di un eremita più anziano e con Antonio come guida spirituale.
Antonio contribuì all'espansione dell'anacoretismo in contrapposizione al cenobitismo.
Anche Ilarione visitò nel 307 Antonio, per avere consigli su come fondare una comunità monastica a Gaza, in Palestina, dove venne costruito il primo monastero della cristianità.
Nel 311, durante la persecuzione dell'Imperatore Massimino Daia, Antonio tornò ad Alessandria per sostenere e confortare i cristiani perseguitati. Non fu oggetto di persecuzioni personali. In quella occasione il suo amico Atanasio scrisse una lettera all'imperatore Costantino I per intercedere nei suoi confronti. Tornata la pace, pur restando sempre in contatto con Atanasio e sostenendolo nella lotta contro l'Arianesimo, visse i suoi ultimi anni nel deserto della Tebaide dove pregando e coltivando un piccolo orto per il proprio sostentamento, morì, ultracentenario, il 17 gennaio 357.

(da:www.novena.it)


sabato 6 gennaio 2018

Effetto Lucifero

Effetto Lucifero

La teoresi della psicologia del male si deve al Dr Philip Zimbardo, uno psicologo americano figlio di immigrati siciliani cresciuto nel Bronx oggi Professore Emerito di Psicologia all’Università di Stanford.

Egli nel famoso esperimento carcerario di Stanford o Stanford Prison Experiment ideò,con un team di psicologi dell’Università di Stanford dal 14 al 20 agosto del 1971, un contesto particolare con l’intento di studiare il condizionamento operato dalle istituzioni sul comportamento dell’individuo in un gruppo strutturato, riproducendo in modo fedele l’ambiente di un carcere.

Zimbardo si rifece alle idee dello studioso francese del comportamento sociale Gustave Le Bon, in particolare la teoria della deindividuazione, secondo la quale gli individui di un gruppo coeso costituente una folla, tendono a perdere l’identità personale, la consapevolezza, il senso di responsabilità, alimentando la comparsa di impulsi antisociali e violenti verso cose e persone.

L’esperimento consisteva in una simulazione di vita carceraria condotta su 24 volontari che dovevano ricoprire i ruoli di prigionieri (12) e di guardie (12) per un periodo di 2 settimane. Fra i 75 studenti universitari che risposero a un annuncio apparso su un quotidiano che chiedeva volontari per una ricerca, gli sperimentatori ne scelsero 24, maschi, di ceto medio, fra i più equilibrati, maturi, e meno attratti da comportamenti devianti.

I volontari furono ulteriormente selezionati sottoponendoli ad un test psico-attitudinale al fine di scartare tutti coloro che potevano presentare potenziali problemi di personalità, devianze comportamentali e atteggiamenti violenti e furono in seguito assegnati casualmente al gruppo dei detenuti o a quello delle guardie. Zimbardo assunse il ruolo di direttore del carcere.

I prigionieri dovettero indossare ampie divise sulle quali era applicato un numero, sia di fronte che dietro, un berretto , e una catena a una caviglia. Dovevano inoltre attenersi a una rigida serie di regole. Le guardie, invece, indossarono uniformi color kaki, occhiali da sole a specchio che impedivano ai prigionieri di guardare loro negli occhi, erano dotate di manganello, fischietto e manette, e fu concessa loro un'ampia discrezionalità circa i metodi da adottare per mantenere l’ordine. Tale abbigliamento aveva lo scopo di mettere entrambi i gruppi in una condizione di deindividuazione.
L’esperimento iniziò con la simulazione, assolutamente realistica, dell’arresto dei futuri prigionieri che furono prelevati dal dormitorio dell’Università di Stanford da veri poliziotti e tradotti in carcere.
Zimbardo associò ad ogni ruolo dei simboli distintivi: i prigionieri vestivano una casacca numerata e fu loro posta una catena alla caviglia, così da preparare il terreno per un processo di deumanizzazione; alle guardie invece vennero consegnati dei simboli di potere quali uniformi anonimizzanti, occhiali riflettenti, manganelli, fischietti e manette. Ai carcerieri fu riconosciuta un’alta autonomia circa i metodi da adottare per mantenere l’ordine.
Dopo solo due giorni si verificarono i primi episodi di violenza: i detenuti si strapparono le divise di dosso e si barricarono all’interno delle celle inveendo contro le guardie che reagirono iniziando opere di intimidazione e umiliazione, cercando di spezzare i legami tra i prigionieri.










Questi vennero costretti a pulire le latrine a mani nude, a defecare in secchi che non avevano il permesso di svuotare, a simulare atti di sodomia, a cantare canzoni oscene e spesso venivano denudati. I detenuti tentarono di evadere e tale fuga venne sventata con difficoltà dalle guardie e dal direttore del carcere . Dopo 36 ore, delle crisi di nervi colpirono i prigionieri e uno di essi sentì la necessità di lasciare la sperimentazione.

Dopo 5 giorni i detenuti mostrarono sintomi evidenti di disgregazione individuale e collettiva: erano docili e passivi e il rapporto con la realtà si stava deteriorando, mostrando seri disturbi della sfera emotiva. Le guardie continuarono a praticare comportamenti vessatori e sadici dimostrando anch’essi un distacco dalla realtà anche nel loro ruolo. Sia le guardie che i prigionieri si erano identificati in maniera forte e impressionante sia nel ruolo che nel contesto, per quanto riguarda i secondi, pur soffrendo, questi ultimi non presero in considerazione l’idea di lasciare l’esperimento ma continuarono a rimanere nella prigione intraprendendo continui tentativi di evasione.

Dati gli esiti drammatici, al sesto giorno Zimbardo decise di troncare l’esperimento con grande sollievo dei prigionieri e conseguente amarezza da parte delle guardie.

A seguito degli esiti sperimentali inattesi e sconcertanti, Zimbardo sostenne che le straordinarie trasformazioni avvenute negli individui resi capaci di commettere azioni mostruose è dovuto a ciò che egli denomina "Effetto Lucifero", risultato dell’interazione tra fattori disposizionali quali conformismo e assenza di senso critico e fattori situazionali e sistemici propri del contesto.
Il sistema sociale influenza le due variabili prima menzionate e definisce le norme implicite o esplicite che prescrivono come agire, fornendo i ruoli cui gli individui devono attenersi supportandoli e legittimandoli dal punto di vista delle risorse, dell’ideologia e delle regole dell’azione contestuale.
Ampliando il concetto su scala macrosociale, l‘Effetto Lucifero si implementa in un sistema politico-economico fortemente ideologizzato, burocratizzato e retto da un rigoroso sistema gerarchico e funzionale, determinando situazioni che fungono da bed barrel.
Ecco identificato il “contenitore malvagio” in cui alcuni individui si trasformano in bruti, adottando un comportamento efferato, mentre altri ne subiscono gli effetti, reagendo successivamente anche loro in modo violento e brutale, generando così nel medesimo contesto, gruppi sociali divisi e in competizione tra loro.


Ambrogio Giordano
Ambrogio Giordano, ingegnere, sociologo, criminologo, cavaliere al merito di San Nicola di Myra (onorificenza della Chiesa Ortodossa Italiana), Presidente dell'Associazione socio-culturale "Rinascita e Rose"

Ex vittima di un prete accusa il Papa

Ex vittima di un prete accusa il Papa: «Perché ha fatto scadere la Commissione anti abusi?»



Se lo domanda la giornalista Franca Giansoldati in un articolo pubblicato sul quotidiano romano "Il Messaggero" del 5 gennaio 2018. La giornalista riporta la denuncia della signora irlandese Maria Collins, abusata sessualmente da un sacerdote cattolico quando aveva 13 anni e diventata il simbolo della lotta per la verità e contro gli abusi perpetrati dal clero cattolico contro i minorenni.
Chiamata dal Vaticano a far parte della Commissione, che ricorda la giornalista fu "
voluta da Bergoglio come simbolo del cammino fatto in merito alla tolleranza zero comincia a fare riflettere" se ne è successivamente allontanata quando ha capito che era una sola operazione di facciata ma che in realtà non vi era alcuna reale volontà di perseguire i pedofili e coloro che li hanno sempre protetti, come "i vescovi  insabbiatori, coloro che avevano dato copertura ai preti pedofili per evitare scandali (un po' quello che aveva fatto il cardinale Law a Boston)".
Per chi volesse approfondire l'argomento può leggere l'articolo del Messaggero:

http://www.ilmessaggero.it/primopiano/vaticano/papa_francesco_abusi_pedofilia_preti_marie_collins_pontificia_commissione_vittime_preti-3465302.htmloppure il comunicato stampa della Rete L'Abuso - associazione sopravvissuti agli abusi del clero:
http://retelabuso.org/2018/01/05/ex-vittima-di-un-prete-accusa-il-papa-perche-ha-fatto-scadere-la-commissione-anti-abusi/