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lunedì 28 dicembre 2020

30 dicembre - San Lorenzo di Frazzanò

 30 dicembre - San Lorenzo di Frazzanò


San Lorenzo da Frazzanò (al secolo Lorenzo Ravì) è stato un santo ortodosso siciliano, nato e morto a Frazzanò (un comune del messinese situato nella Valle di Filalia e fondato secoli prima da profughi ortodossi greci provenienti dalla città di Castrus). Entrato giovanissimo tra i monaci greco-ortodossi del Monastero San Michele Arcangelo di Troina, appena ventenne divenne ieromonaco (sacerdote) e passò monto tempo come eremita nelle grotte o tra il monastero di Troina e quello di Agira, attirando numerosi fedeli da tutta la zona nebridea dove iniziò ad essere visto in odore di santità dal popolo. Ritornato alla sua terra presso il monastero basiliano di Fragalà fu promotore dell'edificazione di una Chiesa dedicata a san Filadelfio. Accorso a Reggio Calabria dalle suppliche dei fedeli a causa di un'epidemia di peste, si adoperò per la cura dei corpi e delle anime portando molti peccatori alla penitenza e alla conversione e acquisendo la fama di santo taumaturgo. Visse il resto della sua vita in eremitaggio, prevalentemente sull'Etna e morì a Frazzanò all'età di 42 anni nel 1162. Nonostante fosse vissuto oltre un secolo dopo lo scisma cattolico e fosse stato per tutta la vita un fervente ortodosso, san Lorenzo di Frazzanò, oltre che dall'Ortodossia è venerato anche dalla Chiesa Cattolica che in epoca normanna estromise e perseguitò duramente l'ortodossia siciliana appropriandosi però dei santi ortodossi localmente venerati dai fedeli.

domenica 27 dicembre 2020

Aborto e vaccino Il Vaticano favorevole a terapie provenienti da feti abortiti. Riflessioni

 Aborto e vaccino

Il Vaticano favorevole a terapie 

provenienti da feti abortiti. Riflessioni.


Oggi è sempre più indicato come “interruzione volontaria di gravidanza”, e non come “aborto”, forse per ovviare a tutta una serie di complicanze morali. La presente riflessione scaturisce in risposta ad un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, reso noto a mezzo stampa in data 21 Dicembre 2020 con il seguente titolo: “Vaticano: i vaccini creati da feti sono moralmente accettabili”.

L’Aborto, (“abortus” dal verbo latino “aboriri”, perire) può essere spontaneo cioè naturale o volontario e in questo ultimo caso si tratta di uccisione comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita.” ( cfr. Lettera enciclica Evangelium Vitae del 25.03.1998, Papa Giovanni Paolo II)

La Sacra scrittura, in più occasioni difende la Vita come dono del Signore Dio, sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento e pure la Chiesa Cattolica ha sempre mantenuto una posizione di tutela pro-vita, della stessa Congregazione per la Dottrina della Fede, abbiamo un documento, “Chiarificazione nell’aborto procurato” dell’11.07.2009, nel quale afferma che “ad ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale, va riconosciuta la dignità di persona!

A questo punto utilizzare elementi cellulari comunque derivanti da feti abortiti, deve far porre al credente cristiano almeno due domande: E’ lecito e morale tutto questo? Siamo proprio certi che non vi siano altre strade da percorrere?

Nella società odierna, l’unico metro “legale” piuttosto che “morale” è la “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”, che, se da una parte rappresenta e ha rappresentato uno scudo e un deterrente a tante ingiustizie contro l’umanità, rischia di essere essa stessa fonte di ispirazione per perpetrare ingiustizie e danni all’umanità intera, da parte di coloro i quali, privi di valori cristiani, la utilizzano in maniera strumentale per giustificare azioni inaccettabili sul piano morale religioso cristiano. Nell’argomento in questione, i vaccini, bisogna prendere inizio dal “Diritto alla salute” sancito dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo. I vaccini infatti sono stati studiati per la protezione dell’essere umano da svariate e gravi malattie, quindi sono considerati uno degli strumenti elitari per difendere il diritto universalmente riconosciuto alla Salute!

Il concetto di salute, è stato oggetto di definizione da parte dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) che ha sintetizzato il concetto di salute come: “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza di malattia" ( intesa come manifestazione sintomatica). Dalla definizione dell’OMS si deduce quindi che la salute è data da una sorte di equilibrio tra “quantità” e “qualità” della vita. Tuttavia sul diritto alla salute, sono state costruite teorie che hanno poi portato a leggi nazionali che dal punto di vista della morale cristiana sono inaccettabili, tra queste la legge sull’Aborto e per l’appunto anche tecniche terapeutiche che originano da pratiche abortiste.

L’utilizzo di vaccini, o farmaci provenienti da linee cellulari di feti abortiti, promettono ovviamente la possibilità dell’esercizio del Diritto alla salute che rimane sempre un diritto sacrosanto, ma la domanda che un cristiano deve porsi è: “Il diritto alla salute è comunque a tutti i costi?; Vi sono dei limiti morali da dover considerare?".

Alla luce del credente le difficoltà della vita terrena sono da intendersi come provvidenza divina?; E se sì, che scopo hanno?; Quale risposte Dio si attende dal suo popolo?; Il Diritto alla salute è compatibile con la pratica dell’aborto?. Ovviamente sono domande scomode, che dovrebbero porsi nel silenzio della propria anima, chiusi in autentico discernimento, ma il mondo di oggi ha bisogno di risposte veloci che non collimano con i tempi delle coscienze ... tranne poi pagare le conseguenze in termini di malessere emotivo, psichico....in pratica in salute!

Dalla Sacra scrittura apprendiamo un Gesù che parla in tal senso: “Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà!”. L’uomo moderno cerca di sfuggire alla morte utilizzando ogni mezzo senza porsi domande, accecato dalla illusione di una vita terrena e immortale! Le parole di Gesù sono ancora più inequivocabili quando continua dicendo: “Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto; l’uno verrà portato via l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo, l’una verrà portata via e l’altra lasciata”. Allora gli chiesero: “ dove Signore?” Ed egli disse loro: “dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi” ( Luca 17:26-37).

L’aborto (il cadavere) come salvezza per gli uomini( avvoltoi) nelle pandemie! In pratica “Satana che scaccia Satana?” “Come è possibile?” (Ma 3, 20-35).

Stiamo andando incontro all’ennesima commemorazione del “Natale di nostro Signore” e Lui troverà sempre la stessa cosa davanti ai suoi occhi che lo porterà a ripetere: “In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio” (Mt. 21, 28-32)

Padre Gianni de Paola 
(Missione "San Nicola di Myra" di Campomarino - CB)

Fonti:

  • La Sacra Bibbia - edizione ufficiale CEI

  • Lettera Enciclica Evangelium Vitae - 25.03.1998 - S. Giovanni Paolo II, Papa.

  • Chiarificazione sull’aborto procurato - Congregazione per la Dottrina della Fede 11.07.2009

  • Can. 91 del Concilio di Trullo - L’uomo è fatto ad immagine di Dio fin dal momento del concepimento.

  • Can.80; 82; 83 Corpus Cononum Ecclesie Orthodoxa Italica

  • Dizionario di Teologia Morale - ed. S. Paolo 2019


sabato 26 dicembre 2020

I pensieri di San Teofane il Recluso sulla tranquillità tra le preoccupazioni

I pensieri di San Teofane il Recluso
sulla tranquillità tra le preoccupazioni

(Ebr. 8: 7-13 ; Sig. 8: 11-21)



Il Venerabile San Teofane il Recluso, al secolo (Georgij Vasilievič Govorov)   è stato un santo monaco  glorificato come santo dalla Chiesa Ortodossa Russa - Patriarcato di Mosca nella Lavra di Troice-Sergieva nel 1988.

Il Signore salpò con i discepoli dall'altra parte del mare, ma si dimenticarono di prendere i pani, e avevano solo un pane con loro, e cominciarono a pensare a cosa fare qui. Conoscendo i loro pensieri, il Signore ha ricordato loro la saturazione di quattromila persone, elevandole alla ferma speranza che con Lui non sarebbero morti di fame, anche se non avessero un solo pane.

Quanti allarmi a volte vengono portati a tutti dal pensiero di un futuro sconosciuto! C'è solo una pace mentale da queste preoccupazioni: la fiducia nel Signore, e il risveglio e il rafforzamento sono tratti da una ragionevole considerazione di ciò che è già accaduto a noi e agli altri.

Non c'è una sola persona che, nella sua vita, non abbia sperimentato la liberazione accidentale dalla sfortuna o dalle svolte inaspettate della sua vita in meglio. Ricordare questi casi ravviva la tua anima quando pensieri oscuri su come essere inizieranno a tormentarla. Dio sistemerà tutto per il meglio adesso, come è successo prima. Affidati a Lui; anche prima di sbarazzarti dei guai, ti manderà un compiacimento, in cui non noterai nemmeno i tuoi guai. "Chi confida nel Signore avrà pietà".

Considera le esperienze di questo nel Santo. Scrittura, nella vita dei santi, nella tua vita e in quella dei tuoi amici, e vedrai, come in uno specchio, come "il Signore è vicino a tutti coloro che Lo invocano". E l'assicurazione per il tuo destino non farà arrabbiare le tue anime.

giovedì 24 dicembre 2020

Natale - i cristiani siano i nuovi Magi

 Natale - i cristiani siano i nuovi Magi

Oggi è un giorno di grande gioia e speranza per l’Umanità, perchè si fa memoria di un evento salvifico unico, quando “il Verbo si è fatto carne, e venne ad abitare in mezzo a noi” (Giov. 1,14). Già nel giorno miracoloso della nascita di Nostro Signore è riportata, dagli evangelisti, la missione universale della redenzione umana operata da Gesù, infatti gli angeli diedero l’annuncio per prima ai pastori vi annunzio una grande gioia che sarà di tutto il popolo” (Lc 2,10) a significare anche l’aspetto pastorale che tale nascita acquisiva e poi a sapienti gentili o goym (non ebrei), quali erano i Magi, sacerdoti astrologi dell’antica religione di Zoroastro (che ancora sopravvive in Iran e India) che attendevano il Sannshyant (Salvatore) profetizzato dall’Avesta (libro sacro della religione mazdeista o zoroastriana). E proprio la presenza dei Magi alla nascita di Gesù ci deve fare riflettere. Gesù infatti è nato a Betlemme, come profetizzato dal Profeta Michea (cap.5): “E tu, Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te uscirà colui che deve guidare il popolo a nome mio … le sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti… egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra” ma coloro che lo attendevano, sacerdoti ed ebrei, non lo riconobbero. Lo riconobbero invece i Magi, sacerdoti astrologi persiani, che possedevano, come riportato dall’apocrifo Vangelo armeno dell’Infanzia di Gesù (tradotto a Venezia, nel 1717, dal monaco benedettino padre Isaia Daietsi) un antichissimo documento scritto, “chiuso e sigillato dalle mani di Dio” dato a Seth, figlio di Adamo, nato come “figlio della consolazione” dopo l’assassinio di Abele per mano di Caino, e trasmesso ai suoi figli, di generazione in generazione. Tale documento, “costudito con somma cura” fu da Noè dato al figlio Sem, e “i figli di questi ai propri figli, i quali come li ricevettero lo trasmisero ad Abramo, e Abramo lo affidò al Sommo Sacerdote Melchisedec, e per questa via giunse al nostro popolo ai tempi di Ciro, re della Persia”. L’attesa di Gesù, il Salvatore, non apparteneva soltanto alla soteriologia ebraica, ma era insita nella natura stessa dell’uomo e nel ricordo ancestrale ed innato dell’esistenza di una mitica età dell’oro o di un paradiso perduto. I Magi che rendono testimonianza alla teofania dal (greco theophàneia, composto da theos - Dio e da phàinein  - manifestazione) rappresentano l’umanità, le genti (da gentili o non ebrei) alle quali il cristianesimo, ha annunciato il suo messaggio di salvezza.  


Nel “Libro della Rivelazione di Seth” che i Magi asserivano di possedere era scritto che “nell’anno 6000, il sesto giorno, io manderò il mio Figlio unico, il Figlio dell’uomo, che ristabilirà la dignità primitiva”. Gesù è nato “per noi uomini e per la nostra saggezza” (come scritto nel Credo) e per portare il messaggio agli “uomini di buona volontà” (come giustamente tradusse il Gloria, san Girolamo nella Vulgata). Il messaggio per noi ortodossi è chiaro, perché come ci ha insegnato Sant’Atanasio (Adversus haereres): “Dio diviene uomo perché l’uomo divenga Dio” al fine di ritornare alle origini, al motivo per il quale Dio creò l’Uomo, alla restaurazione dell’immagine archetipica , l’imago Dei. Ma perché questa sapienza antica custodita nella Rivelazione di Seth era in mano a sacerdoti e sapienti gentili e non ai sacerdoti e sapienti ebrei? Anche questo è scritto nel Vangelo armeno dell’infanzia di Gesù: “perché essi non erano degni di diventare figli del Regno, essendo destinati a rinnegare e a crocifiggere il Salvatore” ed infatti, saputo dai Magi della nascita del Salvatore, comblottarono con Erode per farlo assassinare. Oggi anche noi siamo una piccola fiamma che illumina un deserto di cuori che hanno abbandonato la via del Signore e il natale da Natività di Gesù è stato trasformato nel mero simbolo consumistico del cenone, del torrone, del panettone e dello scambio di regali. Da evento cristiano si è trasformato in evento pagano, laico, agnostico. Gesù non è più presente nel Natale e neppure nel cuore degli uomini e a Roma, dove nel presepe di piazza san Pietro gli angeli sono stati sostituiti dagli astronauti (forse per compiacere Biglino che sostiene che erano extraterrestri) noi dobbiamo essere i nuovi Magi, coloro che riconoscono il messaggio teantrico della Teofania e riprendano il testimone dato da Gesù agli apostoli quando gli disse: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura(Mc 16,15) ricordando loro che  “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato.(Mc 16,16). Buon Natale a tutti.

Mons. Filippo Ortenzi

Arcivescovo Metropolita della Chiesa Ortodossa Italiana

www.chiesa-ortodossa.com


martedì 22 dicembre 2020

Lettera aperta al direttore del “Sole24Ore” su George Soros

 

Lettera aperta al direttore del “Sole24Ore” su George Soros

                                            sen. Riccardo Petrizzi - Dirigente UCID (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti)

Caro direttore, lo scorso 13 dicembre il suo autorevole giornale ha pubblicato un lungo articolo a firma George Soros che non poteva passare inosservato a chi, come me, per tutta la carriera politica ha combattuto la speculazione finanziaria, l’affarismo sulle pelle dei popoli e i cattivi maestri del mercato libero che coltivano il mito darwiniano della jungla in nome di un liberismo senza limiti e controlli. In quello scritto il signor Soros si è permessa la libertà di dare lezioni di politica alla cancelliera Merkel, rivolgere insulti a due paesi della Ue, nonché – ed è l’aspetto forse più grave – si è spinto fino a ventilare minacce dei mercati in caso di un’Europa non abbastanza allineata alle sue idee.

Cosa intendeva dire Soros quando testualmente, riferendosi all'accordo raggiunto tra il Consiglio d'Europa, Polonia ed Ungheria, scriveva che “questo compromesso potrebbe intaccare gravemente la fiducia faticosamente raggiunta, acquisita dalle istituzioni dell’Unione con la creazione del Recovery Fund”?

Il dubbio che siano avvertimenti subliminali, non oso dire “mafiosi”, a me - che da deputato, senatore e presidente della Commissione Finanze del Senato in passato ho indagato sugli attacchi speculativi a danno della nostra economia - è sorto immediatamente.

Sarebbe giusto ricordare che il finanziere ungherese oggi ha diritto di parola, anche sul suo giornale, in veste di opinionista autorevole, nonostante la famigerata fama di raider finanziario ed affarista senza scrupoli, che contribuì in maniera decisiva con le sue speculazioni all’uscita della lira dallo Sme nell’82 e che fu uno dei protagonisti delle catastrofiche privatizzazioni dei colossi pubblici italiani pianificate a bordo dello yacht Britannia nel ’92”. (il 16 settembre di quell'anno guadagnò in un solo giorno più di un miliardo di dollari).

George Soros nel suo articolo affrontava con disinvoltura il tema della recente intesa sul blocco delle ingerenze della Ue nei paesi “sovranisti” su diritti individuali, immigrazione e magistratura, nell’ambito degli accordi sul bilancio europeo e sul Recovery Fund. Nel dettaglio, Soros parlava di “resa della cancelliera tedesca Angela alle estorsioni ungheresi e polacche”, che definisce “stati canaglia” la Polonia (il cui governo sarebbe “illiberale”) e l’Ungheria di Orban (suo nemico personale, il cui regime definisce “cleptocratico”), accusando l’Europa di aver svenduto i propri valori e minacciando possibili ripercussioni sui mercati.

Un tono arrogante e inaccettabile, da un personaggio che ora si propone come garante delle democrazia occidentale e paladino delle libertà individuali, dopo aver seminato povertà e immoralità nel mondo grazie alle sue spericolate operazioni finanziarie sui mercati, senza guardare in faccia risparmiatori ed interi popoli. Inquietanti sono anche le parole che Soros usa per chiudere il suo articolo quando parla di una fiducia dei mercati che potrebbe venir meno. E’ un chiaro segnale minaccioso di possibili attacchi futuri per minare la stabilità finanziaria dell’Europa, di cui “Il Sole24Ore” purtroppo si è fatto portavoce, anche se il giorno successivo il bravo Sergio Fabrini ha cercato di raddrizzare il tiro.

Gentile direttore, qui non è in discussione il diritto di parola di nessuno, ovviamente, ma credo che sia giusto anche dare spazio alla versione di chi, come me, da anni combatte questi aspiranti moralisti dal portafoglio stracolmo come Soros. In un articolo pubblicato su alcuni giornali con cui collaboro e divulgato sui miei social, facevo presente quanto le sto scrivendo.

Mai come in questo caso il riscontro, in termini di lettura dell’articolo e di consenso, è stato notevolissimo, il che mi induce a pensare che ancora oggi in tanti, in Italia, sappiano chi sia realmente questo miliardario che si arroga il diritto di esprimere “l’indignazione morale che devono provare le persone che credevano nell'UE come protettrice di valori europei e universali”.

Non si capisce, poi, a che titolo Soros possa dare lezioni alla Merkel ( che offende, dicendole che in fondo si sta avvicinando al pensionamento nel settembre 2021) , rimproverandole un atteggiamento troppo morbido con Polonia e Ungheria, colpevoli, a suo avviso, di aver imposto un accordo che indebolisce le condizionalità nei confronti dei singoli Stati e l’indipendenza della Commissione.

Va, invece, rimarcato che sono da accogliere con soddisfazione, finalmente, le limitazioni imposte dalla politica (il Consiglio d'Europa) a un organismo (la Commissione) non eletto da nessuno, autoreferenziale, privo di legittimazione democratica e che non risponde a nessuno.

Tutta questa vicenda in ogni caso può servire e possiamo perciò trarre degli insegnamenti da questo intervento di Soros sul maggiore quotidiano economico italiano.

Il primo: un personaggio, come il discusso finanziere, dispone di amicizie e di coperture tali da potergli consentire un linguaggio così duro e di una arroganza tale da colpire Stati, istituzioni, capi di governo e di fare minacce alla intera Unione Europea.

Secondo: Tutta questa vicenda può servire per confermarci nella giustezza dell’impegno contro Soros e i suoi emissari, compresa quella Open society foundation, che finanzia i movimenti abortisti nel mondo, la liberalizzazione della droga, la libera circolazione dell’immigrazione clandestina e la distruzione della famiglia naturale; una battaglia che deve proseguire in tutte le sedi, pronunciando anche giudizi sui giornali italiani che lo incoronano portavoce della democrazia e dei valori universali dell’uomo.

Ringraziandola per l'ospitalità, che sono certo non verrà negata, le invio tanti cordiali saluti.


Riccardo Pedrizzi

Già Presidente della Commissione Finanze e Tesoro del Senato

venerdì 18 dicembre 2020

Prof. Tudor Pectu - Università di Bucarest intervista a Massimo Giusio

                                       Prof. Tudor Pectu - Università di Bucarest 

                               intervista a Massimo Giusio 

dott. prof. mons. Massimo Giusio

Il professor Tudor Petcu, del Dipartimento di Filosofia delle religioni dell'Università di Bucarest, ha avviato una ricerca sulla Chiesa Ortodossa Italiana e ha richiesto, su questo tema, un'intervista molto articolata al dott. prof. mons. Massimo Giusio,  Vice-Rettore e Preside della Facoltà di Teologia della nostra Università Ortodossa San Giovanni Crisostomo. L'intervista verrà pubblicata, tradotta in inglese e rumeno, sul portale dell'Università. Il prof. Giusio ha accettato volentieri, anche al fine di avviare una collaborazione strutturata tra le nostre strutture di formazione e l'Università di Bucarest. .



Le chiederei inanzitutto di dirmi quale è la ragione per la quale Lei si è convertito all'Ortodossia. Come ha incontrato l'Ortodossia e come si spiega la sua scelta di diventare ortodosso?

Come direbbe Lukacs, che trae però l'espressione da Stendhal, fu proprio “un colpo di pistola in un concerto”. Ero cristiano da sempre, e qualche interesse per la spiritualità orientale l'avevo già, tratta dai libri del cardinale Spidlik che amavo moltissimo. Ma la vera folgorazione fu un incontro, come avviene spesso. Tenevo, fresco di studi, un ciclo di conferenze a Torino, presso l'Università Unitrè, sulle “Prove dell'esistenza di Dio nella storia del pensiero”. Dieci lezioni. Da Aristotele, Anselmo, Cartesio e Kant, Schleiermacher, Hegel, fino a Bontadini. Un pomeriggio di novembre. Ero giovanissimo, il corso era seguìto, ero felice e mi impegnavo molto, ma avevo notato un signore, con la barba e sempre vestito di nero, ma non in abito talare, che faceva sempre domande, ed erano tutte intelligentissime. Dopo una lezione, mi chiese di parlarmi. Voleva sapere cosa ne pensassi delle critiche di Geach e Kenny alle prove ontologiche, cosmologiche e teleologiche delle “cinque vie” di Tommaso. Per me era materia incandescente, terreno di dibattito persino tra i neotomisti, che conoscevo bene, ma lui non era da meno. Finimmo in pizzeria, e poi in birreria, e facemmo mezzanotte. Scoprii che era un vescovo ortodosso, si chiamava Adeodato Mancini, Padre Adeodato per tutti. Era stato uno dei seguaci veneti di De Rosso, lui era originario di Venezia, ed aveva ottenuto l'episcopato Assiro-Caldeo, ma già allora l'idea era di una Chiesa Ortodossa nazionale, tutta italiana, del tutto priva di relazioni gerarchizzate con i grandi Patriarcati. L'avevo capito subito, che non era uno studente, o un ricercatore. Aveva una notevole profondità teologica, ma mi colpì, soprattutto, per un altro motivo. A mezzanotte, mi regalò una bella edizione della Filocalia, e mi chiese di fargli sapere cosa ne pensassi. Poi, mi disse che sarebbe andato a fare “gli spaghetti coi barboni”. Cosa significava? Gli chiesi di accompagnarlo. Aveva un vecchio camper sgamgherato, e nel cuore della notte, si recava dai senza fissa dimora, in due o tre luoghi torinesi, e cucinava un piatto di spaghetti. Per tutti. Sorrisi e una felicità mai vista. Negli occhi di quelle persone trovai una strada senza più remore. Un mito. Rimasi per tanti anni come suo collaboratore, divorai una serie di libri di mistici e teologi ortodossi russi, greci, rumeni. E poi “La spiritualità dei cristiani d'oriente”, sempre di Spidlik. La conversione arrivò poche settimane dopo. Convinta, sicura. Forse i libri, gli approfondimenti teologici, ma soprattutto il suo esempio. Da allora, non ho più avuto dubbi: avevo fatto la scelta giusta. Due anni dopo, il diaconato. E poi , nel 2015, il corepiscopato.

Sarei molto interessato a scoprire come percepisce Lei l'Italia nella sua prospettiva ortodossa.

Da questo punto di vista le confesso che sono molto preoccupato. La Chiesa Ortodossa Italiana si è riorganizzata nel 2015. Abbiamo una sessantina di appartenenti al clero, migliaia di fedeli o di persone curiose che si avvicinano a noi, una sede a Roma ed una Università Ortodossa, e questo mi rende contento del lavoro che abbiamo iniziato a fare. Ma il panorama generale non è dei migliori: la scristianizzazione e la relativizzazione, la banalizzazione dei valori e delle tradizioni cristiane sono un fenomeno visibile. I fedeli cattolici - e pensi che il 95 % degli italiani è battezzato - che frequentano la Chiesa ed i sacramenti non superano il 15 per cento. I giovani sono disorientati, c'è molta confusione, una crescente indifferenza per il tesoro di patrimoni culturali, artistici e simbolici della Cristianità. Le ansie e le divisioni interne con questo pontificato si percepiscono anche all'interno delle parrocchie, le crisi delle vocazioni, la tendenziale sfiducia relazionale e disumanizzante tra le persone è stata acutizzata dalla pandemia. Io, che sono un sincero cultore del dialogo ecumenico, talvolta mi sento in difficoltà. Si avverte una debolezza nel magistero, nella capacità di insegnamento. reale, del substrato assoluto e valoriale della nostra eredità millenaria. Ed in questo la proposta di fede e la spiritualità ortodossa hanno molte carte da spendere, e lo testimoniano i tantissimi rumeni in Italia che affollano le chiese da noi. Certe affermazioni di Papa Francesco sono lodevoli nell'intenzione, ma si prestano a molte ambiguità interpretative, perché stridono con la realtà e la sostenibilità. Molti si avvicinano a noi proprio per questa situazione di disagio, di mancanza di guida, di incertezza morale. Ma la cosa, Le assicuro, non mi fa piacere. Tra cattolici e ortodossi il dialogo deve essere continuo, e proficuo. La realtà spirituale e morale italiana, comunque, non è lusinghiera né positiva. Lo si avverte anche dalla sensibilità decrescente verso i simboli cristiani: crocefisso, Natale, liturgia. Si avverte incertezza, incapacità di dare unità di senso alla vita. Crescono i suicidi, anche tra i giovanissimi, acutizzati dalla crisi economica. Se la vita non ha senso, tutto diventa possibile. La Cristianità non può essere solo mutua assistenza, o il gestire ONLUS o patrimoni immobiliari sterminati. Per questo spesso assumiamo posizioni radicali, ma sempre con rispetto dell'identità cattolica. Ho tantissimi amici vescovi e preti cattolici. Le confesso che anche molti di loro, filosoficamente e teologicamente ben preparati, nutrono le medesime preoccupazioni.

Ora le chiedo di presentarmi in dettaglio gli argomenti secondo cui l'Ortodossia in Italia esiste fin dal tempo degli Apostoli. A partire da questa affermazione si può dedurre logicamente che anche San Pietro, il primo capo della Chiesa Universale, è stato di fatto ortodosso?

Mi permetta di farle una premessa. Dire che esista una “Ortodossia” e da quando abbia iniziato ad esistere in Italia, stabilendo uno spartiacque cronologico netto, rischia di essere un problema aporetico che trasmoda nel mero feticismo nominalistico. Dipende da cosa intendiamo con questa locuzione. Se lo intendiamo in senso etimologico e germinale, la “retta fede” (ma in realtà come lei ben sa, l'utilizzo del termine doxa nella storia della filosofia fino al III secolo apre scenari ben più ampi e delicati), intesa come convinzione soggettiva, è evidente che fosse presente in nuce, e necessariamente dopo la Pentecoste, in tutti gli Apostoli, ma sull'interpretazione così anfibologica della frase di Gesù, quella del “Tu es Petrus” e del “su questa Pietra”, si potrebbero scrivere dieci libri, e mi dilungherei troppo. Il termine “Ortodossia”, nell'uso comune ed ecclesiologico di caratterizzazione orientale separata dalla tradizione latina, invece, come Lei certamente sa, nasce solo intorno al X – XI secolo, dopo le polemiche di Fozio del secolo precedente, il Filioque, e le doppie scomuniche costantinopolitane del 1054. Veniamo al merito della sua domanda. L'ortodossia intesa, quindi, come realtà di professione della retta fede cristiana, quindi come concetto dottrinale e teologico, appare evidentemente in tutti gli Apostoli, ed anche in Pietro. Ed appartiene ad essi sul piano reale, sin dalla discesa dello Spirito Santo. Qua si potrebbe porre piuttosto un delicato problema, ma anch'esso richiederebbe fiumi di inchiostro, sulla più aggiornata analisi della vera vocazione universalistica della posizione petrina, alla luce delle considerazioni sui “non circoncisi” negli Atti degli Apostoli, su cui si sono appassionati perfino Bultmann o Kung, ma entriamo nella storia della teologia e nella patristica. Con esiti che spesso sono stati divisivi, e contrari ad un sano spirito ecumenico. E non sarebbe più un'intervista, ma una tediosa elaborazione ermeneutica.

Per quanto conosco, la Chiesa Ortodossa Italiana nasce dall'aspirazione a creare una realtà nazionale, indipendente da giurisdizioni straniere e guidata solo da italiani. Perciò le sarei grato se potesse dirmi quale è l'unicità dell'Ortodossia italiana nel mondo delle chiese ortodosse storiche e quali prospettive di sviluppo ci sono per l'Ortodossia italiana nel prossimo futuro.

Le riepilogo la genesi storica della nostra Chiesa. I seguaci di Antonio De Rosso, nel 2010, erano rimasti in pochissimi. Nel 2014, acquistammo la disponibilità di un bellissimo Monastero in Piemonte, in provincia di Cuneo. Quello fu una sorta di laboratorio teologico e pastorale, il primo germe di una realtà che esisteva dal 1977, ma andava aggiornata e rimodellata. Decidemmo le liturgie utilizzabili: Crisostomo, ma anche il rito gallicano, e San Colombano. Affinammo le nostre linee organizzative, il modo possibile di diffonderci in tutte le regioni italiane e, dopo la morte del compianto padre Adeodato e, purtroppo, del suo delfino padre Antonio Settineri, appena cinquantenne, anche per onorare la loro memoria facemmo il grande passo. Ripartimmo da Roma e dal Piemonte, e dal 2017 fondammo con monsignor Filippo Ortenzi l'Università di San Giovanni Crisostomo, con sede a Roma, e l'Accademia di formazione di San Nicodemo, per la preparazione di diaconi, monaci e sacerdoti. Oggi abbiamo cinque vescovi, docenti preparati e molti studenti che si avvicinano a noi. La strada è ancora lunghissima, ma un bel pezzo di cammino è stato avviato. Veniamo alla seconda questione. Le prospettive di sviluppo in Italia di una Chiesa nazionale, ma ortodossa, sono moltissime. Le dico le principali. Anzitutto, la grande necessità di ricomposizione morale e spirituale nel segno della Tradizione, di cui tantissimi cristiani in Italia avvertono la crescente riduzione, Da noi arrivano molti ferventi cattolici o ex religiosi, pensi che il nostro vescovo di Alessandria e Genova, monsignor Giovanni Ferrando, teologo preparato, è stato parroco cattolico per quarantacinque anni. A chi obietta che ciò può implicare l'ospitare dei “delusi”, ribattiamo che non vi è alcuna competizione, o concorrenzialità, tra proposte di fede. Basta che la gente si avvicini al Pastore: non conta null'altro, di sostanziale. Molti si avvicinano, poi, per i motivi più disparati ed in qualche caso anche per i cosiddetti “casi personali”: divorziati, ex preti che si sono sposati, assonanze simboliche, amore per l'arte e le icone, fascino per la liturgia orientale, ma soprattutto nuovo desiderio di preghiera e di slancio mistico originario. E tanti altri motivi. Il secondo ordine di osservazioni è la specificità dell'Italia: qui ha dominato, per due millenni, la presenza della Chiesa di Roma, senza un contraltare spirituale alternativo, cristiano e tradizionale, come quello orientale, se non nelle frange uniate. E con una tendenziale ostilità, come spiego nel dettaglio nel mio manuale sulla libertà religiosa in Italia del 2018, verso ogni altra forma religiosa organizzata. Ma col limite oggettivo di coinvolgere rispetto ad altre forme religiose, nella proposta di specificità spirituale e liturgica, quasi solo cittadini stranieri. La questione di fondo, di De Rosso e nostra, era e rimane: perché non far conoscere e comprendere sempre più, ora che la “terza secolarizzazione” rende davvero libere e più autentiche le scelte di fede, la proposta cristiana ortodossa agli italiani, con gli adattamenti specifici al carattere nazionale,ma nel grembo straordinario della spiritualità e della ricerca della theosis, dopo secoli in cui ciò, per tanti motivi, è stato possibile così poco? Mi creda. I risultati dei primi anni sono davvero positivi, e val la pena di continuare.

Possiamo dire dal suo punto di vista che l'Italia cristiana del primo millennio ha più punti in comune con i paesi ortodossi, di ieri e di oggi, di quanti ne abbia con l'Italia cattolica contemporanea?

Su questo tema credo che Lei abbia in larga misura molte buone ragioni. Senza scomodare Heidegger o Severino, va rilevato che il tempo della egemonia della Tecnica, dello svuotare - col “pensiero calcolatore” globalista - i serbatoi antichi della cultura e delle identità tradizionali, lascia sensi di vuoto sempre più tremendi, smonta ogni elemento generativo di senso, inquieta sempre di più la sensibilità di tante, tantissime persone. Cristiane e non. Ritrovare rigore, semplicità, desiderio di significati profondi della vita lo ho definito, in uno dei miei libri, un “desiderio originario”. Proprio quello che animò tutta la Cristianità alle sue radici, come giustamente osserva Lei, fino alla netta separazione che, secondo me, avviene molto prima dello Scisma del 1054, a partire dal VII secolo. Da allora, Roma diventa l'unico ordine possibile in una Europa sconvolta, invasa e con guerre continue, e ne guida la riorganizzazione, creando una Autorità forte, che ha molti meriti storici ma crea ineluttabilmente quella che io definisco una “teologia del potere”, gerarchico-autoritaria, ancillare, sostitutiva ed inquisitoriale poi, del potere temporale. La divaricazione, invece, ad Est provoca effetti spiritualmente positivi in linea con le radici dei primi secoli. Nel mondo orientale, la sfera religiosa, forte di autorità centrali autonome e ben radicate (dall'impero bizantino, fino agli Zar) non ha bisogno di diventare potere terreno, e si concentra, mirabilmente, sull'esperienza interiore, la mistica, la liturgia, la forza invincibile, nazionale e popolare, dello spirito e del senso religioso delle origini. Persino Stalin, in una notte ormai celebre, convoca dopo vent'anni di persecuzione i vescovi ortodossi, si umilia e chiede il loro sostegno per affrontare la guerra. E' la vittoria più grande e memorabile dell'Ortodossia, e di Cristo. La proposta della spiritualità ortodossa, nella confusione e nell’angoscia contemporanea di cui già Gide o Foucault avvertivano i prodromi, è sempre più efficace, sia per la riscoperta e la riconfigurazione della vita interiore, sia nei rapporti tra gli individui, nei modelli sociali, nella ricerca presente in ogni essere umano di stabilità, di necessarietà di un ordine superiore che trascenda le stagioni mutevoli, le angosce e le inquietudini del nostro tempo e che attenui semplificazioni, banalità, relativismi esistenziali, superficialità valoriali.

Il Metropolita Antonio de Rosso è riuscito a rimettere in piedi l'Ortodossia italiana, in altre parole, una Chiesa Ortodossa saldamente radicata nel patrimonio e nella cultura cristiana d'Italia. Mi interesserebbe, però, sapere di quali altri rappresentanti importanti dell'Ortodossia italiana possiamo discutere?

Oggi, dopo la breve parentesi di Alessandro Meluzzi, che ha scelto percorsi diversi ed è assai impegnato in tante altre attività, il più instancabile rappresentante della Chiesa Ortodossa Italiana - considerando che io, purtroppo, sono ancora molto impegnato con altre attività di lavoro, insegnamento e ricerca e non posso lavorare per la Chiesa a tempo pieno, come è invece necessario - è sicuramente monsignor Filippo Ortenzi, nostro Metropolita, che ha la sede a Roma, in via Appia Nuova. In pochi anni, ha realizzato un lavoro enorme, utilizzando molto anche i social ed i mezzi digitali, ed i risultati si vedono. Sul piano teologico, oltre a chi le scrive ci sono molti altri importanti rappresentanti: c'è monsignor Giovanni Ferrando, in Piemonte, mentre al Sud c'è padre Gianni De Paola, ed abbiamo molte ramificazioni anche in Sicilia. A Ventimiglia abbiamo un vescovo di origini francesi, monsignor Marty. Potrei citarle ancora, quali altri importanti esponenti della COI, padre Alberto Crudo (Presidente Banco Alimentare "Regina Pacis" di Viterbo n.d.r.), padre Nilo, padre Stefano Capponi e monsignor Antonio Berardo, e molti altri. La Chiesa è presente, coi suoi organigrammi, in ben quindici regioni italiane, su venti. 

Potremmo parlare oggi di un certo ruolo della sua Chiesa nella società italiana? Dall'altra parte, come fanno gli italiani a riferirsi alla sua chiesa quando la scoprono?

Le modalità di raccordo con i fedeli, o i curiosi che si avvicinano a noi, sono moltissime. C’ è il “passaparola” tra le persone, i gruppi, i fedeli. La grande maggioranza, del resto è la legge dei grandi numeri, è quella che ci contatta via Internet, sui gruppi Facebook, sulle pagine di teologia ortodossa, o sulle trasmissioni televisive. Le faccio un esempio numerico: sulla pagina FB, solo dal 5 dicembre ad oggi abbiamo avuto 5.038 contatti, ed una cinquantina di messaggi di adesione, richieste, informazioni. Più o meno, abbiamo una decina di adesioni alla settimana, che vengono indirizzate ai singoli responsabili territoriali. Sulla parte relativa alla funzione della Chiesa, parlare di “ruolo nella società” è un poco imbarazzante. Siamo tutte persone, fortunatamente, umili e abbastanza semplici, viviamo del nostro lavoro, c'è chi insegna, chi lavora in fabbrica, chi fa l'avvocato, o il medico. Siamo umili, e vogliamo restarlo. Il nostro ruolo deve essere altrettanto semplice, anche se fermo nei valori di fondo e nei presupposti pastorali: una proposta cristiana diversa, alternativa, una richiesta di approfondimento della propria vita interiore, della riconsiderazione, della stimolazione, o dell'arricchimento, della fede, per chi ce l'ha. O una proposta, ancora più radicale, di incontro e di dialogo per chi non ce l'ha, ma cerca un senso alla propria esistenza. Che non può essere, per definizione, potremmo dire, “ontologicamente” priva di senso. Tutto lì. Certamente la nostra crescita non ci ha fatti cambiare, o diventare più ambiziosi. Il ruolo in una società dipende dalla potenza del messaggio, e della sua astrazione dalla banalità crescente. Indipendentemente dalla nostra specifica Chiesa, sono i valori ortodossi che hanno un ruolo importante, sempre di più, nel vivere sociale. Il nostro compito è, con modestia, con i pochi mezzi a disposizione ma con impegno sincero, di trasmetterli per quanto possiamo, come una eredità antica ma sempre viva di continuità con il passato ma decisiva per il futuro di ogni persona. Spero di non essere stato prolisso, ma le sue domande, assai stimolanti, meritavano una trattazione adeguata e, spero, completa. La ringrazio tanto per l'attenzione che ci ha dato.


Elementi di Teologia Ortodossa

ultimo libro scritto da Massimo Giusio 

editato da Arturo Bascetta Editore

domenica 13 dicembre 2020

Santa e Gloriosa Martire Lucia di Siracusa

 Santa e Gloriosa Martire Lucia da Siracusa

Il 13 dicembre non è ricordato per il fatto che nel 1294 papa Celestino V (Pietro da Marrone), dopo appena 4 mesi di regno, rinunciò al papato dando l’ispirazione al sommo poeta Dante Alighieri di citarlo nel III Canto dell’Inferno: “vidi e conobbi l’ombra di colui che per viltade fece il gran rifiuto”, dove lo mise nell’Antinferno (Limbo) tra gli ignavi, cioè coloro che vissero “senza infamia e senza lodo”. Pur essendo un personaggio storico noto, pochi ricordano che questa è anche la data della morte di uno dei più grandi imperatori Federico Ruggero di Hoenstaufen, nato (Jesi -AN) e morto in Italia (a Fiorentino di Puglia FG), noto come Federico II, Imperatore del Sacro Romano Impero, duca di Svevia, Re di Germania, Re di Sicilia e Re di Gerusalemme conosciuto con l’appellativo di “Stupor mundi”. In Sardegna in questo giorno viene fatta memoria dsant’Antioco di Sulcis, un santo medico originario della Mauretania (attuale Marocco), arrestato in Galazia (regione storica dell’Anatolia abitata dal popolo celtico dei Galati) per il suo apostolato cristiano e condannato a lavorare nelle miniere di piombo del Sulcis (note come plumbaria) dove morì nel 127 dopo aver diffuso la fede tra prigionieri e carcerieri dell’Isola. No, nell’immaginario popolare questo è il giorno di Santa Luciauna giovane martire cristiana morta nel 304 a Siracusa, vittima della “grande persecuzione” scatenata dall’imperatore Diocleziano, conosciuta universalmente come protettrice della vista (per il fatto che Lucia viene dal latino lux = luce) e per il detto popolare “Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia”, detto indubbiamente carino, che fa rima, ma falso perché il giorno più corto è il 21 dicembre che coincide col solstizio d’inverno. Figlia di una nobile famiglia cristiana di  Siracusæ (Siracusa) per la sua fede e l’intercessione di sant’Agata, la santa e gloriosa martire e diaconessa di Catania, ottenne la guarigione miracolosa della madre Eutychie affetta da incurabili emorragie. Dopo aver donato tutti suoi beni ai poveri si dedicò alla cura dei bisognosi, delle vedove e degli infermi, consacrando la sua vita al Signore e rifiutando il matrimonio combinato dal padre con un giovane pagano del luogo. Quest’ultimo, offeso per il rifiuto la denunciò come cristiana. Condotta di fronte al Prefetto romano del luogo (un certo Pascasio) ed invitata a sacrificare agli dei pagani pena la tortura o essere segregata in un postribolo, la santa rifiutò asserendo: “il corpo si contamina solo se l’anima acconsente”. Per giustificare la propria obiezione di coscienza contro l’ordine di sacrificare agli dei, Lucia citò l’epistola dell’apostolo Giacomo: “Sacrificio puro presso Dio è soccorrere i poveri, gli orfani e le vedove. Per tre anni ho offerto tutto al mio Dio. Ora non ho più nulla, e offro me stessa(1). Morì martire nell’anno 304, all’età di 21 anni, per sgozzamento (“jagulatio”) o, secondo altre fonti, decapitazione profetando la caduta di Diocleziano (si dimise da imperatore l’anno successivo) e il trionfo della fede cristiana (9 anni dopo con il Rescritto di tolleranza o Editto di Milano di Costantino e Licinio, il cristianesimo, fino allora perseguitato fu prima tollerato e poi divenne la religione ufficiale dell’Impero). La maggior parte degli storici ecclesiastici considera invece una leggenda quella che alla santa abbiano cavato gli occhi, sembra sia nata nell’ambito della religiosità popolare cattolica nel XV secolo, ottenendo un successo enorme tanto che nell’iconografia la santa viene raffigurata con un piatto con sopra due occhi, il giglio e la palmaNel 1.039 il corpo della santa fu portato a Costantinopoli-Nuova Roma dallo strategos e catapano Giorgio Maniakes per impedire che cadesse nelle mani saracene e, dopo il sacco di Costantinopoli effettuato dai crociati cattolici nel 1204 e che pose fine al millenario Impero Romano, fu trafugato dai veneziani come bottino di guerra e portato a Venezia, ove attualmente riposa nella Chiesa dedicata ai santi Geremia e Lucia. Come spesso succede in ambiente cattolico, anche una Chiesa francese sostiene di avere il corpo della santa, che viene venerata in una Chiesa di San Vincenzo di Metz, meta di pellegrinaggio da tutta la Francia e dal mondo germanico (2).A titolo di mera curiosità la Chiesa di san Giovanni Maggiore di Napoli sostiene di avere le reliquie degli occhi di santa Lucia, venerate da secoli per la protezione della vista. Riguardo le presunte reliquie di Metz, queste furono dichiarate autentiche dalle autorità cattoliche del luogo nel 1792 a riprova che la verità nella Chiesa Cattolica più che un fatto oggettivo è una pura opinione.


Troparion della Santa e Gloriosa Martire Lucia di Siracusa (3)

Indossando il mantello radioso della verginità
ed essendo promessa sposa di Cristo che  
ti ha donato la vita, hai abbandonato l'amore della tua fidanzata terrena,
o Lucia Vergine-Martire,
perciò come dono nuziale
hai portato a Cristo lo spargimento del tuo sangue,
intercedi anche presso di lui per tutti noi!




Note:


(1) – Carlo Fatuzzo su http://www.santiebeati.it/dettaglio/25550


(2) - Pierre Edouard Wagner, docente associato della Facoltà di Teologia Cattolica di Strasburgo - "Culte et reliques de sainte Lucie à Saint-Vincent de Metz"


(3) – da OrthodoxWiki “Lucia di Siracusa


autore

dott. prof. mons. Filippo Ortenzi

Arcivescovo Metropolita della Chiesa Ortodossa Italiana

Rettore Università Ortodossa San Giovanni Crisostomo

www.chiesa-ortodossa.com

tel. 0621119875

email: chiesaortodossaitaliana@gmail.com


martedì 8 dicembre 2020

Concezione di Sant'Anna

Concezione di Sant’Anna



Il 9 dicembre la Chiesa Ortodossa festeggia la concezione di Maria, Tuttasanta Theotokos (Madre di Dio). Sant’Anna era figlia di Natham di Betlemme, sacerdote della tribù di Levi e moglie di san Gioacchino, galileo (1).  “Per molti anni Sant'Anna rimase senza figli e la coppia subì molti rimproveri per la sua sterilità. Quando erano a Gerusalemme per offrire un sacrificio a Dio, il Sommo Sacerdote, Issacar, rimproverò Gioacchino: "Non sei degno di offrire sacrifici con quelle mani senza figli". Entrambi gli sposi si sono dati alla preghiera fervente e l'Arcangelo Gabriele annunciò loro separatamente che sarebbero stati i genitori di una figlia che avrebbe portato benedizioni a tutta la razza umana.” (2) In quel giorno, attraverso la concezione di sant'Anna, la sterilità di tutta la natura umana separata da Dio attraverso la morte, aveva fine e, attraverso il concepimento sovrannaturale di colei che era rimasta sterile secondo l'età in cui le donne non potevano più portar frutto, Dio annunciava e confermava il miracolo più grande della concezione senza seme e della nascita immacolata del Cristo nel seno della Tuttasanta Vergine Madre di Dio. Nel casto bacio tra i santi Gioacchino e Anna, l’iconografia tradizionale vede il momento del concepimento della Madre di Dio. (3)

La Chiesa ortodossa non accetta il dogma cattolico dell’Immacolata Concezione, e celebra la festa il 9 dicembre anziché l'8: e questo avviene perché Nostro Signore rappresenta il modello di perfezione dell'umanità. Dopo di lui, i più perfetti al mondo sono stati la Sua Santissima Madre e San Giovanni Battista, però certamente meno perfetti di Cristo: per questo la gestazione della Madonna durò, secondo l’ortodossia, nove mesi meno un giorno (9 dicembre - 8 settembre), e quella del Battista nove mesi e un giorno (23 settembre - 24 giugno).

Riguardo la dottrina dell’Immacolata Concezione, che si ricollega alla’influenza delle dottrine agostiniane sulla teologia cattolica e protestante (soprattutto luterana), va precisato che all’Ortodossia è estranea la dottrina del “peccato originale” come macchia comune a tutta la discendenza di Adamo e non come libertà e libero arbitrio permesso all’umanità da parte del Creatore (4). Le dottrine immacolazioniste all’interno del mondo cattolico iniziarono ad essere sostenute non soltanto dagli agostiniani, che ripresero tesi di Tertulliano condannate come eretiche dal Sinodo di Roma del 498, ma anche dai francescani e, soprattutto dai gesuiti. Detta dottrina, che non riguarda la nascita miracolosa e verginale di Gesù ma il concepimento privo di peccato di Maria contrasta con quanto scritto nel Vangelo di Luca quando la Theotokos dice all’Angelo: L'anima mia magnifica il Signore, e lo spirito mio esulta in Dio, mio Salvatore” (Lu. 1:46,47) ed affievolendo l’umanità di Maria, ne affievolisce di conseguenza quella di Nostro salvatore Gesù Cristo , nato non soltanto come “vero Dio”, ma anche “vero Uomo”. Prima che Papa Pio IX l’8 dicembre 1854 con Bolla “Ineffabilis Deus” imponesse alla Chiesa Cattolica il dogma dell’Immacolata Concezione, accogliendo così la teologia immacolista degli scotisti (seguaci del teologo francescano Douns Scoto) va rilevato che numerose critiche si erano levate contro tale posizione da parte di Santi come il cistercense Bernardo di Chiaravalle, che la riteneva “eretica”, e i teologi benedettini (vedi Pietro Roger), carmelitani (Giovanni Baconthorp nel libro Quodilibet sostenne che “la Beata Vergine, in quanto Figlia di Adamo, contrasse anche lei il peccato originale”), e soprattutto da parte dei teologi domenicani (per Juan de Monzon “la tesi dell’Immacolata Concezione è nettamente in contrasto con la Dottrina della Chiesa”) e tomisti, che al pù sposarono la tesi macolista (concezione con peccato e nascita senza). Dale dogma, che non ha giustificazioni evangeliche, in quanto non presente nei vangeli canonici, è un ennesimo motivo di distanza tra la Teologia Ortodossa e quella Cattolica.


Inni (5)

Troparion

Oggi i vincoli della sterilità sono spezzati,
Dio ha ascoltato le preghiere di Gioacchino e Anna.
Ha promesso loro oltre ogni speranza,
Per sopportare la fanciulla di Dio
Da chi è nato come uomo mortale il non circoscritto,
Che ha comandato a un angelo di gridarle:
Rallegrati, o pieno di grazia, il Signore è con te!

Kontakion

Oggi l'universo gioisce,
Perché Anna ha concepito la Theotokos attraverso la dispensazione di Dio,
Perché ha generato Colui che deve portare la Parola ineffabile!

Note.


(1) - Secondo alcuni studiosi i galilei sono nati dall’incrocio degli ebrei delle tribù di Zabulon, Issachar, Neftali con popolazioni celtiche provenienti dall’Anatolia, i galati, e per questo erano visto con sospetto dai giudei che li ritenevano impuri. Pregiudizio di cui parla anche il Vangelo secondo Giovanni. “«Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?» (1,46)

(2) – tratto da Ortodoxviki.org

(3) – vedi http://traditiomarciana.blogspot.com/2019/12/9-dicembre-la-concezione-di-s-anna.html

(4) - l’Ortodossia che rifiuta al pari dell’ebraismo la dottrina del “peccato originale”, per altro giuridicamente discutibile in quanto le responsabilità penali sono personali e non possono essere ascritte ai discendenti come potrà spiegare qualsiasi conoscitore del diritto, ha elaborato la dottrina della theosis o deificazione. L’Uomo attraverso il battesimo e l’accettazione del messaggio evangelico aspira al ritorno al momento originario quando fu fatto ad “Imago Dei”.

(5) - Gli inni sono tratti dal sito Orthodoxviki.org


autore:

Mons. Filippo Ortenzi

Arcivescovo Metropolita Chiesa Ortodossa Italiana

www.chiesa-ortodossa.com