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mercoledì 20 settembre 2023

La Communauté St J-Baptiste (Comunità di San Giovanni Battista) del Camerun aderisce alla Chiesa Ortodossa Italiana

 

La Communauté St J-Baptiste (Comunità di San Giovanni Battista) del Camerun aderisce alla Chiesa Ortodossa Italiana

Communauté St J-Baptiste

 

     Una importante comunità cristiana del Camerun, la  Communauté St J-Baptiste (Comunità San Giovanni Battistadella quale è Superiore Generale il vescovo mons. Pascal François Abanda ha aderito alla Chiesa Ortodossa Italiana e rafforza la nostra missione camenunense COI-UICOA (Unione Internazionale delle Chiese Ortodosse Autocefale).

     La Comunità, precedentemente è molto attiva nell’opera di apostolato, ha una Cattedrale (Cattedrale del Perpetuo Soccorso di Notre Dame) a Yaoundé, città francofona chiamata localmente Ongola, ossia la città dei sette colli, dove il cristianesimo è seguito da oltre il 70% della popolazione, capitale dello Stato, ed altre comunità e chiese, ad Akono (Dipartimento di Mefou e Akono – Regione del Centro) dove è presente il  Santuario di Nostra Signora della Sapienza del quale è Rettore il rev. Mario della Croce (Mballa); ad AMBAM, piccolo centro del Camerun del Sud dove opera la  Parrocchia Notre Dame de la

Douleur  della quale è parroco  padre. Firmin Ngoco ed infine a NGOULMAKONG – un piccolo villaggio della tribù dei Bikélé dove opera con successo la  Parrocchia Maria Regina degli Apostoli  della quale è  parroco padre Carlo Fouda.

     In Camerun inoltre opera come apocrisario mons. Marie Eric Mbomononché  l’associazione di volontariato e cooperazione internazionale  VICEF – Vicky Ebune Foundationcon sede a Udine          in via Cividale,351/1a della quale è responsabile il  dott. sir Bismark Epoh Enongene che è anche Legato Apostolico della nostra Chiesa per la Repubblica del Camerun.

Communauté St J-Baptiste – Clero:    1 vescovo – sacerdoti – monache 

 

Episcopo:  Pascal François Abanda  (Superiore Generale – sede: Yaondé)

sacerdoti: Rev. Magloire Mballa (Vicario Generele) – Rev.  Firmin Ngoco (V.G. Agg) – padre Pierre Martial Olomo Evina – padre Serge Ebole – padre Carlo Fouda – padre Pasquale Ateba

monache: suor Salomé Eyenga – suor Léonie Blla – sorella Lydie Monique Atsame

YAONDE’ – Cattedrale del Perpetuo Soccorso di Notre Dame – Superiore Generale mons. Pascal François Abanda

sacerdoti: padre Pierre Martila Olomo Evina (esorcista) – padre Pasquale Ateba

AKONO – Santuario di Nostra Signora della Sapienza  Rettore: rev. Mario della Croce (Mballa)

sacerdoti: padre Serge Ebole

AMBAM – Parrocchia Notre Dame de la Douleur – Parroco rev. Firmin Ngoco

NGOULMAKONG – Parrocchia Maria Regina degli Apostoli – parroco padre Carlo Fouda

mercoledì 6 settembre 2023

6 settembre 1955 - Pogrom islamico a Istanbul

 6 settembre 1955 - Pogrom islamico a Istanbul



Il 6 settembre 1955, fomentati dal Partito Democratico  del

primo ministro Adnan Menderes e dagli imam delle moschee

sunnite, decine di migliaia di musulmani turchi assaltano la

minoranza cristiana   greco-ortodossa di Istambul, allora

composta da oltre 200.000 persone, uccidendo una ventina

di cristiani, ferendone  decine di donne, saccheggiando e

incendiando oltre 4000 abitazioni, 110 alberghi 27

farmacie, 23 scuole, 21 farmacie e 73 chiese. 

La violenza oltre che sulla minoranza romea (romani di

lingua greca e religione ortodossa) si estese anche contro

gli altri cristiani: armeni e assiri e contro la

comunità ebraica. 

Conseguenza del pogrom fu la diaspora cristiana da Istanbul,

riducendo dal 55 ad oggi la presenza greco-ortodossa di

quella che per per oltre 1600 anni si è chiamata Costantinopoli

- Nuova Roma ad appena 2.500 persone.   



La decantata clemenza e misericordia, di quella  che

Papa Francesco ha definito "una religione di pace "

si era già palesata nel secolo scorso, quando dal 1915

a 1919, i musulmani turchi si erano resi responsabili 

della pulizia etnica e del genocidio (Medz Yeghern)degli armeni dell'Anatolia, che ebbero 1.500.000

(un milione e mezzo) di morti e centinaia di migliaia

di sfollati, e del meno noto genocidio assiro (Seyfo)

che riguardò 750.000 persone, due etnie massacrate

unicamente perché di religione cristiana e, di

conseguenza, “infedeli”.



Va ricordato che l'Islam ha un concetto di morale e

bene diverso da quello cristiano e il Corano (2:191)

espressamente ordina ai musulmani:

"uccideteli ovunque li incontrate e scacciateli..."   

Perché ricordiamo i fatti del ‘55? Non soltanto per

non dimenticare il pericolo che rappresentato per le

minoranze cristiane in terra islamica ma anche per

quello potenziale rappresentato dall’invasione islamica

in atto nei paesi a maggioranza cristiana ed anche

perché, in questi giorni, si rischia un nuovo genocidio

e pulizia etnica, ad opera degli azeri supportati da

milizie jhaidiste turche, contro le popolazioni di

etnia armene e fede cristiana ortodossa del

Nagorno-Karabakh. 

Sembra che della sorte degli armeni del Karabakh

non interessi a nessuno, non interessa il Vaticano

(il Papa si fa paladino soltanto dei musulmani

rohingya del Myanmar o uiguri della Cina,

dimenticando che queste popolazioni quando

hanno avuto governi islamici propri, la prima

cosa che hanno fatto fu di sterminare

missionari e convertiti locali al cristianesimo)

e neppure i paesi europei che non

riconoscono il governo armeno karabakho

della Repubblica di Artsakh. 

Purtroppo la NATO è interessata a mantenere

i buoni rapporti con gli Stati e le Teocrazie

petrolifere islamiche e degli armeni, senza

petrolio ed invisi all’atlantica Turchia,  non

interessa nulla.

Inoltre la Russia, che fino a ieri si era posta

a garante dell'incolumità fisica delle

minoranze cristiane nel mondo islamico e

della difesa degli armeni del Karabakh è

impegnata in una guerra fratricida in Ucraina

e non può più garantire quella difesa

che fino a ieri ne aveva permesso la

sopravvivenza. 

L'Italia, non soltanto si è dimenticata di

essere l’erede spirituale di Roma, ma ha

rinunciato, in nome della sudditanza atlantica,

non soltanto ad avere una linea

diplomatica di pacificatrice tra le parti ma

anche a difendere le minoranze cristiane

perseguitate e discriminate del mondo.



Filippo Ortenzi

Arcivescovo della Chiesa Ortodossa Italiana

chiesaortodossaitaliana@gmail.com

sabato 2 settembre 2023

Uccisa l’Orsa Amarena simbolo del Parco Nazionale d’Abruzzo

       Uccisa l’Orsa Amarena

simbolo del Parco Nazionale d’Abruzzo

l'ORSA AMARENA con i cuccioli

La morte dell’Orsa Amarena, mamma di due cuccioli che rischiano seriamente di non sopravvivere, avvenuta il 31 agosto 2023, vigilia della giornata mondiale di preghiera per la Cura del Creato, a San Benedetto dei Marsi (AQ) ha suscitato molta emozione. A causare la morte dell'animale, che era diventato il simbolo del Parco Nazionale d’Abruzzo,  avvenuta dopo lunga e dolorosa agonia, causata da un colpo di fucile che ha trapassato il polmone, è stato un residente del luogo, certo Andrea Leombruni, che si è giustificato asserendo che l’orsa con i cuccioli, era entrata in un terreno di sua proprietà. Va rilevato che l’orsa è stata ammazzata con una fucilata alla schiena mentre stava scappando e non rappresentava pertanto alcun pericolo per l’incolumità dell’uomo. E’ un fatto gravissimo, favorito da un clima d’odio contro gli animali, l’ambiente e il Creato di una società secolarizzata che sta perdendo ogni valore spirituale. Tutti ricordano quando l’orso trentino JJ1, di due anni,  dopo essere uscito dal Parco Naturale dell'Adamello-Brenta e aver vagabondato in Alto Adige e in Austria era giunto nello stato tedesco della Baviera, dove fu soprannominato “Bruno”. Ebbene nonostante l’orso passante di San Corbiniano, monaco franco proto-vescovo di Frisinga e patrono della diocesi bavarese di Monaco e Frisinga, sia nello stemma della diocesi monacense ed anche nello stemma del Papa Benedetto XVI (ex vescovo di Frisinga) e che lo stesso Pontefice sia sia appellato per la vita dell’orso  - «Accogliendo l'orso nel suo stemma, il Papa ha ribadito con grande autorità il diritto di residenza dell'orso in Baviera» aveva dichiarato il portavoce dell'ordinariato di Monaco di Baviera, Winfried Roehmel -  il premier bavarese Werner Schnappauf, disattendendo quanto  la “Direttiva Habitat” della Comunità Europea che impegna gli Stati al rispetto della fauna selvatica, accogliendo le proteste degli agricoltori locali che avevano lamentavano di aver subito danni e razzie  da parte del plantigrado, ne aveva decretato la soppressione. A nulla valsero le proteste da parte dell’Italia e del Parco dal quale era fuggito e che ne reclamava la restituzione, i bravi teutonici hanno cacciato l’animale fino a quando, il 20 giugno del 2006, in un bosco delle Alpi Bavaresi, vicino Miesbach, è stato ucciso. I bavaresi non hanno neppure voluto restituire le spoglie del povero orso che, dopo essere stato impagliato, è stato messo in mostra nel museo “Mensch und Natur”, sito in un’ala del Castello Nymphenburg di Monaco, diventando un'attrazione turistica. E questo nonostante l’orso sia uno dei simboli della Baviera e sia estinto dal 1835  a causa della caccia da parte di cacciatori e contadini. Va fatto presente che nonostante la politica orsocida delle autorità bavaresi, l’orso rimane dello stemma di Frisinga, città di 50.000 abitanti situata sulle rive del fiume Isar e centro religioso più importante della Baviera, ed anche in località minori come Husaberg.


San Serafino di Sarov, patrono degli Orsi e degli animali della foresta

Se san Corbiniano, raffigurato insieme a un orso passante, è il santo più venerato nella Diocesi di Monaco e Frisinga, nel trentino altrettanto venerato è san Romerio, un monaco reto-tirolese che ha vissuto nel trentino, il cui corpo è custodito in un Santuario sito nella Val di Non. Anche san Romedio, come san Corbiniano, è raffigurato insieme ad un orso passante. L’orso passante, presente anche nell’iconografia raffigurante san Colombano è presente nel comune trentino di Andalo (Àndel in dialetto trentino) sito al centro dell'altopiano Brenta - Paganella e, fuori dal Trentino l’orso è presente negli stemmi dei comuni altoatesini/sudtirolesi di  Vandoies (Vintl) nella val Pusteria e di Caines (Kuens) in val Passiria.

A titolo di curiosità stemmario dei comuni italiani l’orso è presente 34 volte, tra i comuni ricordiamo dei capoluoghi di provincia come Biella (Bièla in piemontese, Böielu in töitschu o alemanno walser) e Pistoia, inoltre Orsago (TV), Orzivecchi (Iursvècc in dialetto bresciano), etc. E’ presente meno dell’aquila (333), del cavallo (104), del leone (102) e del gallo (37), ma più del bue (33), del cervo (32), del cane (30), della colomba (29) ecc. 

Si potrebbe obiettare perché si parla in questo libro molto dell’orso, la risposta è che la maggior parte dei santi eremiti hanno vissuto nelle foreste e molti di essi hanno avuto rapporto con questo animale, sia in occidente: San Colombano, San Gallo, San Romerio, San Ciaran, San Cerbone, san Corbiniano ecc,, che in oriente; San Serafino di Sarov, san Giuseppe di Volokolamsk, San Sergio di Radonez ecc., ma soprattutto per la vicenda che ha visto imputata l’orsa Gaia (JJ4) per la morte di un corridore  o runner di Clades di nome Andrea Papi. JJ4 è un’orsa di 19 anni, di 150 chili, madre di ben quattro cuccioli, arrestata e imprigionata nel Centro di recupero della fauna alpina di Casteller, a Trento, più volte oggetto di delibere di uccisione da parte del presidente della provincia Maurizio Fugatti, risultata poi estranea all’evento imputategli. 

E’ veramente singolare che l’orso, simbolo di san Romerio - introdotto in Trentino (dove sopravvivevano meno di cinque unità) con il  progetto Life Ursus finanziato  dall’Unione europea per la “ricostituzione di un nucleo vitale di orsi nelle Alpi Centrali tramite il rilascio di alcuni individui provenienti dalla Slovenia” -   il cui santuario ubicato nella Val di Non è il centro di pellegrinaggio più famoso del territorio, compagno di eremitaggio di numerosi santi sia in Europa che in Asia, sia oggetto di così dure campagne d’odio. 

Non dimentichiamo che, anche per la dottrina cattolica, l’evento salvifico di Cristo include tutta la creazione, animali inclusi che l’uomo deve custodire ricordandosi che Dio li ha creati prima dell’uomo.


San Basilio il Grande

Per concludere riportiamo una preghiera scritta da San Basilio Magno, padre cappadocio, teologo e  confessore  inserita nella Divina Liturgia che porta il suo nome:  "La Terra è del Signore e la Sua pienezza. O Dio, allarga in noi il senso della comunione con tutti gli esseri viventi, con i nostri fratelli gli animali ai quali hai dato la Terra come loro dimora in comune con noi. Ricordiamo con vergogna che in passato abbiamo esercitato l'alto dominio dell'uomo con spietata crudeltà, tanto che la voce della Terra, che avrebbe dovuto salire a Te in canto, è stata un gemito di travaglio. Possiamo noi renderci conto che vivono, non solo per noi, ma per se stessi e per Te, e che amano la dolcezza della vita."

S.B. mons. Filippo Ortenzi

Arcivescovo Metropolita della Chiesa Ortodossa Italiana