San Giovanni Crisostomo
Omelia sui "Fratelli prediletti"
Papa Giovanni Paolo II, per essere al passo con i tempi, visitando il Tempio Maggiore, ossia la più grande sinagoga ebraica (di rito italiano) di Rome, citando il documento del Concilio Vaticano II Nostra Aetate (Nel nostro Tempo) promulgato da Papa Paolo VI (evoluzione del Decretum de Judaeis di Papa Giovanni XXIII), nel quale si affermava la stima riservata dalla Chiesa Cattolica alle genti dell'Islam e il vincolo che lega cristianesimo ed ebraismo disse: «La Chiesa di Cristo scopre il suo “legame” con l’ebraismo, “scrutando il suo proprio mistero”. La religione ebraica non è “estrinseca”, ma in un certo qual modo “intrinseca” alla nostra religione. Abbiamo quindi verso di essa dei rapporti che non abbiamo con nessun’altra religione. Siete i nostri fratelli prediletti». L'incontro è passato alla storia come riconoscimento da parte dei cristiani degli ebrei quali nostri fratelli maggiori. Tale politica di subordinarietà del cattolicesimo all'ebraismo è stata rafforzata anche dall'attuale pontefice Papa Francesco.
Riguardo i nostri presunti fratelli prediletti, che non dimentichiamolo perseguitarono ferocemente i cristiani agli albori della rivelazione divina è utile leggere cose scrisse, secoli fa, San Giovanni Crisostomo, forse il più grande oratore cristiano di tutti i tempi, grande teologo e Padre delle Chiesa; fece nelle sue Omelie contro gli Anomei (greco: Ἀνομοίοι), una corrente eretica anti-trinitaria di derivazione ariana e gli Ebrei, che ambedue negavano la Divinità di Cristo. Per non tediare i nostri lettori ne riportiamo soltanto alcuni stralci:
... un male estremamente grave necessita delle
cure offerte dalla nostra parola, un male riposto nel corpo stesso della Chiesa
… sono ormai imminenti le feste di questi miseri e disgraziati Giudei, … vi
sono molti nei nostri ranghi che dicono di avere i nostri stessi sentimenti, ma
poi di essi alcuni assistono allo spettacolo di queste feste, altri vi
partecipano … io voglio ora estirpare
dalla Chiesa questa perversa consuetudine … se non curiamo i malati colpiti da
questo male … questa inopportuna abitudine
e la loro ignoranza li facciano partecipi della dissolutezza dei Giudei e che
più tardi le nostre esortazioni divengano inutili … una volta commesso il
peccato, invano cercheremmo di portarvi rimedio. Per questa ragione mi affretto
a occuparmi di ciò. Nello stesso modo si comportano i medici i quali, quando si
trovano di fronte alle malattie più acute e gravi, si occupano di curare queste
per prime: ma la battaglia presente è strettamente legata a quella precedente.
Infatti, dato che l’empietà degli Anomei è molto affine a quella dei Giudei,
anche la nostra battaglia odierna si presenta molto simile a quelle precedenti.
L’accusa che formulano i Giudei è la stessa che formulano gli Anomei. Qual’è
tale accusa? (Gv. V, 18). Il fatto che Cristo dichiarasse che Dio era suo Padre
e che si facesse l’eguale di Dio. Questa accusa, anche gli Anomei la formulano,
anzi meglio, non la formulano, bensì cancellano la parola di Cristo ed il suo
significato, anche se non materialmente ma con la mente e con l’animo.
Invero non stupitevi se ho definito miseri i
Giudei. Infatti sono ben sventurati e disgraziati poiché hanno ricevuto nelle
loro mani tanti beni e li hanno ripudiati, ed hanno respinto i tesori che erano
loro offerti. È sorto per loro il sole della giustizia ed essi, rifiutati i
suoi raggi, stanno nelle tenebre: mentre noi che eravamo nelle tenebre, abbiamo
attirato a noi la luce e ci siamo liberati dall’ombra dell’errore. Essi erano i
rami della radice sacra (Rom. XI, 16 – 17) ma sono stati spezzati; noi non eravamo
parte della radice, eppure abbiamo portato il frutto della pietà. Essi hanno
letto i Profeti sin dalla più tenera età ed hanno crocifisso Colui che dai
Profeti era stato annunziato. Noi che non avevamo mai udito parlare delle Sacre
Scritture, noi abbiamo adorato questo stesso crocifisso. Perciò essi sono
miseri, perché hanno respinto i beni che erano loro inviati mentre altri li
hanno presi per sé, portandoli loro via. Ma essi, chiamati ad essere adottati
come figli, si sono abbassati alla condizione di cani: noi che eravamo nella
condizione di cani, con l’aiuto della grazia divina abbiamo potuto spogliarci
di questa indole bruta ed elevarci alla dignità di figli. Cosa lo fa manifesto?
Cristo ha detto alla donna di Canaan “Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cuccioli”
(Mt. XV, 26), designando come figli i Giudei e come cani i gentili. Vedete
quindi come l’ordine è stato invertito, i Giudei sono diventati cani e noi
figli. “Guardatevi dai cani, dice
Paolo, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi dai circoncisi. Siamo noi i circoncisi”
(Filipp. III, 2-3). Vedete dunque come quelli che prima erano figli sono caduti
nella condizione di cani? Volete sapere in qual modo noi che eravamo nella
condizione di cani siamo diventati figli? “Invero, a tutti coloro che lo hanno ricevuto, Egli ha dato il potere di diventare figli di Dio”
(Gv. I, 12).
Nulla è più miserabile di questi Giudei che da
ogni parte vanno in senso contrario alla loro salvezza. Quando bisognava
osservare la Legge, essi l’hanno calpestata: adesso che la Legge è stata
abrogata, con insistenza essi vogliono che sia osservata. Che cosa ci potrebbe
essere di più miserabile di costoro che dispiacciono a Dio non soltanto quando
trasgrediscono la Legge ma anche quando la osservano? Per questo è detto: “Duri di cervice e incirconcisi di cuore, voi sempre resistete allo Spirito Santo”
(Atti VII, 51): non soltanto violando le leggi, ma anche volendole osservare a
sproposito. “Duri di cervice“: giustamente
sono stati chiamati così, perché non hanno voluto portare il giogo di Cristo
per quanto dolce e benché non avesse nulla di pesante o di spiacevole. Egli
dice: “Imparate da me che sono dolce ed umile di cuore (Mt.
I, 29 – 30) e prendete il mio giogo su di voi poiché esso è dolce ed il mio fardello leggero“.
Essi però non lo sopportavano a causa della loro testardaggine, anzi non
soltanto non lo hanno sopportato ma lo hanno rotto e fatto a pezzi. “Sin dall’inizio hai spezzato il tuo giogo, hai rotto i tuoi legami”
(Ger. II, 20; V, 5; Sal. II, 3). È un profeta, non Paolo che dice queste parole
indicando il giogo ed i legami come segni distintivi del potere: perché i
Giudei avevano respinto il potere di Cristo quando avevano detto: “Non abbiamo altro re che Cesare”
(Gv. XIX, 15). Avete spezzato il giogo, rotto i legami, vi siete esclusi dal
regno dei cieli e vi siete sottomessi al potere dell’uomo. Vorrei che
esaminaste con quanta abilità il Profeta ha espresso la sregolatezza del loro
animo. Infatti non dice: avete deposto il giogo, bensì: l’avete spezzato, atto
proprio della brutalità animale, dei vizi sfrontati che respingono ogni freno e
non sopportano alcun potere. Da dove proviene questa loro durezza? Dalla
gozzoviglia e dalla intemperanza. Chi lo dice? Mosè stesso. “Israele mangiò ed il popolo diletto ingrassò e si rimpinzò. Si rivoltò”
(Deut. XXXII, 15). Come gli animali che si nutrono in ricchi pascoli diventano
più ostinati ed indocili e non sopportano più né giogo né freno né la mano
dell’auriga, così il popolo giudeo, spinto nell’abisso della malvagità
dall’intemperanza e dalla troppa abbondanza materiale ha vissuto
licenziosamente e non ha sopportato il giogo di Cristo, né trascinato l’aratro
della sua dottrina. È quanto un altro Profeta aveva espresso con le parole: “Israele si comporta da pazzo, come una giovenca eccitata da un tafano”
(Osea IV, 16). Un altro definisce questo popolo: vitello non istruito a
sopportare il giogo (Ger. III, 18). Animali come quelli, incapaci di lavorare
vanno bene per essere sacrificati. Lo stesso è stato per il popolo dei Giudei:
essendosi resi da soli incapaci di agire, sono diventati adatti ad essere
uccisi. Perciò Cristo ha detto: “Portate qui i miei nemici, quelli che non hanno voluto che io regnassi sopra di loro ed immolateli”
(Lc. XIX, 27). È allora, o Giudeo, che dovevi digiunare, quando la tua
intemperanza ti stava conducendo a questi mali, quando i tuoi eccessi ti
portavano all’empietà, non adesso. Adesso il digiuno è inopportuno ed
abominevole. Chi lo dice? Isaia che a gran voce esclama: “Non ho scelto io questo digiuno”
(Is. LVIII, 4-5). Perché dice così? “Perché voi digiunate per intentare azioni giudiziarie e liti, e prendete a pugni coloro che stanno sotto di voi“.
Perciò se il tuo digiuno era abominevole quando
colpivi i tuoi fratelli, adesso, dopo che hai immolato il Signore, come
potrebbe essere bene accetto? Per quale motivo? Colui che digiuna deve
mostrarsi contrito, modesto, umile e non in preda alla collera; e tu colpisci i
tuoi fratelli? Un tempo digiunavano e al tempo stesso litigavano e intentavano
processi; ora digiunano con sfrontatezza ed estrema intemperanza, mentre
danzano a piedi nudi nelle piazze col pretesto dell’astinenza; in realtà si
comportano come ubriachi. Ascolta come il Profeta vuole che si digiuni: “Santificate il digiuno“,
dice, non celebratelo con danze. “Predicate la parola; riunite gli anziani”
(Gioele I, 14). Ma costoro radunano stuoli di effeminati e portano nella
sinagoga una accozzaglia di donne ignobili, il teatro intero, e gli attori:
infatti non vi è alcuna differenza tra il teatro e la loro sinagoga. So in
verità che ci sono delle persone che mi accuseranno di eccessiva audacia perché
ho detto che non vi è differenza tra la Sinagoga e il teatro ma io li accuserò
di essere impudenti, se non sono daccordo con me. Condannami se dico queste
cose da solo; ma se uso le parole del Profeta allora approva quello che dico.
3 – So che molti rispettano i Giudei e pensano
che i loro riti odierni sono degni di stima; per questo sono incitato a cercare
di sradicare completamente tale dannosa opinione. Dissi che nessun teatro val
meglio della sinagoga e porterò i profeti a testimoni; i Giudei non sono degni
di fede più dei profeti. Dunque uno che dice? “La tua fronte è diventata quella di una prostituta, non vi è più nessuno davanti a cui tu arrossisca”
(Ger. III, 3). Invero il luogo in cui la meretrice si prostituisce, questo è il
vero lupanare. Anzi la sinagoga non è soltanto un teatro e un luogo di
prostituzione, ma anche una caverna di briganti e un rifugio di belve. Infatti
il profeta dice: “La vostra dimora è diventata la tana della iena”
(Ger. VII, 11), non semplicemente di una belva ma di una belva impura. E
ancora: “Ho lasciato la mia casa, ho abbandonato la mia eredità”
(Ger. XII, 7). A colui che ha abbandonato Dio che speranza di salvezza rimane?
Se Dio lascia un luogo questo diventa dimora di demoni. Ma dicono di adorare
anch’essi il Signore. Lungi da noi il dire questo: nessun giudeo adora Dio. Chi
lo dice? Il Figlio di Dio. “Se aveste riconosciuto il Padre mio avreste riconosciuto anche me. Ora voi non avete riconosciuto né me né il Padre”
(Gv. VIII, 19). Che testimonianza addurrò più degna di fede di questa? Se non
riconobbero il Padre, se crocifissero il Figlio, se respinsero l’assistenza
dello Spirito, chi oserà sostenere che la loro sinagoga non è l’asilo dei
demoni? No, Dio non vi è adorato, statene lontani. È di conseguenza il luogo
dell’idolatria; tuttavia alcuni frequentano tali luoghi come se fossero sacri.
Ciò che dico non è derivato da una congettura,
ma l’ho dedotto dall’esperienza. Tre giorni or sono, credetemi, dico il vero,
vidi una donna onesta, libera, di costumi irreprensibili e fedele, costretta da
un uomo impuro ed insensato, che si suppone cristiano (in verità udendolo non
l’avresti detto un sincero cristiano), costretta dico, a entrare in un tempio
degli Ebrei e ivi affermare con giuramento alcunché di relativo ad affari
controversi. Siccome implorava aiuto e desiderava ribellarsi a questa
scellerata violenza, protestando che avendo preso parte ai divini misteri non
le era permesso di entrare in quel luogo, io mi levai infiammato ed ardente di
zelo, non sopportando che questa infelice fosse trascinata oltre in tale
prevaricazione, e la strappai a questo ingiusto rapimento! Poi domandai a colui
che la trascinava se era cristiano: lo confessò. Lo rimproverai energicamente
mettendo in risalto la sua stupidità ed infinita follia; gli dissi che non
valeva più di un asino colui che, pretendendo di adorare Cristo, trascinava un
fratello nelle spelonche dei Giudei, che proprio Cristo avevano crocefisso.
Proseguendo nel discorso gli insegnai per prima cosa che, come afferma il
Vangelo, non è mai permesso giurare o esigere da altri un giuramento; inoltre,
un fedele cristiano, ma anche chi non lo fosse, non deve mai esser spinto a
tale necessità. Quando, dopo lunghe considerazioni, ebbi liberata la sua anima
da tali errori, gli domandai per quale motivo avesse lasciata la Chiesa e
volesse portare la donna alle riunioni dei Giudei. Mi rispose che molte persone
gli avevano detto che un giuramento fatto lì, incuteva molto più timore. A tali
parole gemetti profondamente, poi mi infiammai di collera ed in ultimo non
potei impedirmi di ridere. Gemetti infatti, vedendo l’astuzia del diavolo che
riusciva a persuadere gli uomini a fare ciò; m’infiammai poi di furore,
considerando l’indolenza di coloro che sono tratti in inganno; infine risi,
considerando fra di me l’inconcepibile follia degli stessi.
Vi dissi e vi narrai tutto ciò perché mostrate
un animo completamente privo d’umanità e non provate pena per coloro che
tentano e fanno tali cose; se vedete un vostro fratello cadere in questo
peccato ne deducete che la disgrazia non è vostra, ma di altri. Se poi siete
accusati, vi stimate assolti dicendo: “Che mi importa? Che cosa ho in comune
con costui?”. Queste parole suonano come odio mortale e satanica crudeltà verso
gli uomini. Ma che dici? Poiché sei un uomo, partecipi della sua stessa natura;
anzi, se dobbiamo parlare di comunione della natura, il cui capo è Cristo, osi
dire che non hai nulla in comune con gli altri membri? Dunque in che modo
confessi Cristo come Capo della Chiesa? Giacché il capo per sua natura
congiunge tutte le membra, le coordina e con cura le volge a sé. Se non hai
nulla in comune con chi è membro del tuo stesso corpo, allora non hai nulla in
comune con tuo fratello, né hai Cristo come capo. I Giudei vi spaventano come
foste fanciullini e non ve ne accorgete. Poiché come dei servi malvagi mostrano
ai bambini delle maschere orribili e ridicole, che per loro natura non sono
terrificanti ma sembrano tali alle anime semplici, e fanno fare grandi risate,
così i Giudei atterriscono i cristiani ignoranti con i loro fantasmi. Come
possono far paura quei riti giudaici pieni di onta e di derisione, propri di
uomini respinti con ignominia e ripudiati dalla giustizia divina?
4Non sono così le nostre chiese, ma sono
realmente terribili e incutono una santa paura. Infatti dove vi è il Dio che ha
potere di vita e di morte, quello è un luogo terribile: là dove si pronunciano
innumerevoli sermoni sulle pene eterne, sui fiumi di fuoco, sul verme velenoso,
sui ceppi che non si possono rompere, sulle tenebre esteriori. I Giudei in
verità non conoscono neppure in sogno queste verità, dediti come sono al
ventre, agognando i beni presenti, per nulla migliori dei porci e dei caproni
quanto a lascivia e ubriachezza. E soltanto questo conoscono: servire il
ventre, essere ebbri, battersi per dei saltinbanchi, ferirsi a causa dei
guidatori di cocchi. Forse che queste cose sono gravi e terribili? Chi lo ha
detto? Come possono sembrarvi terribili, a meno che non si dica che degli
schiavi noti per la loro ignominia, che non hanno libertà di parola e che
fuggirono dalla casa del padrone, sono terribili per gli uomini onorati e
liberi? Ma veramente queste cose non stanno così, non stanno così
assolutamente. Un’osteria infatti è meno rispettabile delle corte del re, e la
Sinagoga è ancora meno onorabile di qualunque osteria. Infatti non è
semplicemente l’abitazione dei ladri o dei tavernieri, è l’abitazione dei
demoni; anzi non solo la Sinagoga, ma le stesse anime dei giudei. Il che
tenterò di dimostrare nell’epilogo dell’omelia. Vi prego pertanto di ricordare
l’essenziale di questa questione. Infatti non per esibizione, né per applausi
parliamo, ma per curare le vostre anime. Perché quale scusa vi resta se in così
grande abbondanza di medici molti sono ammalati? Dodici erano gli Apostoli e
convertirono il mondo; la maggior parte della città è cristiana, e ancora
qualcuno è tormentato dal male del giudaismo. E noi che siamo sani quale scusa
useremo? Certo i malati sono colpevoli, ma neppure noi manchiamo di colpa
perché li lasciamo al loro male. Se godessero delle nostre attente cure,
difficilmente continuerebbero ad essere infermi. Per la qual cosa vi premetto
fin d’ora: ognuno attiri a sé un fratello, anche se è necessario opporsi, anche
se si debba farlo con la forza, anche con contumelie e dispute: smuovete la
pietra perché si liberi dal laccio del diavolo e rompa il legame con coloro che
consegnarono Cristo perché fosse messo a morte.
Se vedessi nella piazza qualcuno condotto al
supplizio, giustamente condannato, e tu potessi strapparlo dalle mani del
carnefice, forse che non faresti quanto puoi per portarlo via? Ora vedendo un
tuo fratello trascinato ingiustamente e contro il volere divino, non dal
carnefice, ma dal diavolo nel baratro della perdizione, ti rifiuti di fare lo
sforzo col quale lo libereresti dal legame dell’iniquità. E come potrai essere
degno di indulgenza? “Ma è più forte e robusto di me”, voi dite. Ebbene
mostratemelo: se ostinatamente rimarrà nel suo proposito, affronterò un
pericolo mortale piuttosto che sopportare che egli entri nel vestibolo del
tempio. Infatti cosa hai in comune con la libera e celeste Gerusalemme, o cristiano
giudaizzante? Hai preferito la Gerusalemme terrestre. Sii schiavo con lei:
infatti essa è schiava con i suoi figli, come dicono le parole dell’Apostolo
(Gal. IV, 25). Digiuni con i giudei? Allora togliti con loro anche le scarpe e
a piedi nudi cammina sulla pubblica piazza, partecipe dei loro comportamenti
indecorosi e ridicoli. Ma tu non oseresti fare questi gesti, ti vergogneresti e
arrossiresti. Certo è vergognoso comportarsi come loro, al contrario non
arrossisci ad essere compagno della loro empietà. Che indulgenza chiederai se
sei cristiano a metà? Credetemi, metterò in pericolo la mia vita prima di
abbandonare qualcuno oppresso da questo male, se ne verrò a conoscenza!
Altrimenti, se non ne verrò a conoscenza, che Dio lo perdoni! Ognuno di voi
ripeta a sé stesso queste riflessioni e non stimi ciò cosa da poco e da farsi
occasionalmente. Non siete stati attenti a quanto dice ad alta voce il Diacono
nei Sacri Misteri? “Riconoscetevi gli uni gli altri” dandovi la facoltà di
scoprire con diligenza i fratelli. Fate la stessa cosa con i giudaizzanti. Se
conoscerai qualcuno che è favorevole ai Giudei, fermalo, denuncialo, affinchè
tu non sia esposto allo stesso pericolo. Infatti negli accampamenti militari,
se un soldato è scoperto come complice dei barbari o dei persiani, non mette in
pericolo soltanto la sua vita, ma anche quella di chi, conscio di ciò, non ne
informa il comandante dell’esercito. Allora siccome voi siete l’esercito di
Cristo, ricercate diligentemente e accuratamente se mai qualche straniero si è
mescolato a voi, e riferitene il nome, non perché lo si uccida (come avrebbero
fatto quelli), né per infliggergli un castigo o un supplizio, ma perché si
possa liberarlo dall’errore e dall’empietà e ricondurlo a noi pentito.
Se non vorrete fare questo, se scientemente lo
nasconderete, anche voi, lo sapete bene, subirete la stessa pena esattamente
come lui. Paolo infatti punisce con pena e castigo non solo coloro che compiono
azioni malvagie, ma anche coloro che li approvano (Rom. I, 32). E pure il
Profeta condanna alla stessa pena e per la stessa colpa non soltanto i ladri,
ma anche quelli che fuggono con loro (Salmo IL, 18). Perché veramente colui
che, consapevole, nasconde e protegge la colpa di un altro, favorisce la sua
viltà e gli dà maggior sicurezza nel commettere il male.
Ma torniamo di nuovo ai malati. Riflettete
dunque con chi hanno rapporto coloro che digiunano adesso: con quelli che
gridarono: “Crocifiggetelo, Crocifiggetelo“, con coloro
che dicevano “Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli”
(Mt. XXVII, 23-25). Se fossero dei rei condannati per aver aspirato alla
tirannide, osereste avvicinarvi e conversare con loro? Non lo credo. Non è
allora assurdo fuggire con tanta cura quelli che peccarono contro l’uomo, e
invece stringere rapporti con quelli che oltraggiarono Dio stesso? E adorando
il Crocifisso, far festa con quelli che lo inchiodarono alla croce? Questa non
è soltanto stupidità, ma estrema pazzia. Inoltre poiché alcuni giudicano che la
Sinagoga è un luogo venerabile, è necessario fare alcune considerazioni contro
di loro. Perché venerare quel luogo che si deve disprezzare e considerare
abominevole, e da cui si deve stare lontani? Tu rispondi: “La legge e i libri
profetici sono qui riposti”. Cosa vuol dire? Forse che i libri conferiscono
santità al luogo in cui si trovano? Giammai! Io, in verità, provo odio e
avversione verso la Sinagoga. Infatti hanno i profeti e non vi credono; leggono
i testi sacri e non ne accettano la testimonianza, il che è oltremodo
offensivo. Ora vi chiedo: se vedeste un uomo venerabile ed illustre entrare in
una bettola o in una spelonca di briganti e poi sopportare contumelie, insulti
ed i peggiori maltrattamenti, forse che trovereste degne di ammirazione la
bettola o la spelonca perché quell’uomo grande e illustre vi entrò e lì fu
maltrattato?
Uguale è il giudizio sulla Sinagoga. Infatti han
preso con sé Mosè e i Profeti ma non per onorarli bensì per trattarli con
infamia e disprezzo, negando che essi abbiano conosciuto Cristo e che abbiano
detto qualcosa della sua venuta. Qual maggiore oltraggio potrebbero fare a quei
santi accusandoli di aver ignorato il loro stesso Dio e affermando che sono
stati loro compagni nell’empietà? Per questo motivo odiamo ancora di più la
Sinagoga e i Giudei, perché trattano con furore i Profeti. Ma perché parlo di
libri e di luoghi? Nel tempo delle persecuzioni i carnefici afferrano i
martiri, lacerano e dilaniano con la frusta i loro corpi: diverranno dunque
sante le mani di quelli che toccarono i corpi dei martiri? Niente di tutto
questo. Rimangono empie perché li toccarono con animo empio; e i Giudei, che
trattano con ingiuria gli scritti dei santi allo stesso modo dei carnefici,
diventeranno per questo venerabili? Forse che questo non sarebbe il massimo
della pazzia? Se è impossibile infatti che diventino santi coloro che tennero i
corpi dei martiri con empietà, anzi per questo sono ancor più abominevoli, a
maggior ragione gli scritti letti con incredulità non potranno mai essere di
giovamento a chi li legge. Ci convince della grande empietà dei Giudei il fatto
che conservano i libri con l’intento di disprezzarli. La loro colpa non sarebbe
tanto grave se non possedessero i libri dei Profeti, e sarebbero meno impuri e
abominevoli se non li leggessero; essi non hanno diritto ad alcun perdono,
perché possedendo gli araldi della verità resistono con ostilità sia a quelli
che alla verità. Perciò la loro colpa è ancor maggiore, perché hanno i Profeti
e li trattano ostilmente.Vi incito dunque a fuggirli e ad evitare le loro
assemblee; il frequentarle non è di poco danno per i vostri fratelli che sono
più deboli, né piccolo pretesto alla superbia dei Giudei. Poiché, se vedessero
voi, gli adoratori di Cristo da essi crocifisso, ricercare e rispettare le
cerimonie giudaiche, come non dovrebbero pensare che il loro comportamento è
ottimo e il vostro di nessun valore, dal momento che voi, che seguite e onorate
il Cristo, accorrete da loro che lo combattono? “Se qualcuno,
dice l’Apostolo, vedesse te che hai la scienza, seduto a tavola in un tempio di idoli, forse che la coscienza di lui che è debole non lo spingerebbe a mangiare le carni sacrificate agli idoli?”
(I Cor. VIII, 10). Ma io dico, se qualcuno vedesse te che hai la scienza,
andare alla Sinagoga ed assistere alle feste delle Trombe, forse che la sua
coscienza, poiché è debole, non lo porterebbe all’ammirazione per le feste dei
Giudei? Colui che cade non sarà punito soltanto per la sua caduta, ma sarà
punito perché la cagionò anche ad altri: allo stesso modo colui che si è
mostrato fermo non sarà premiato soltanto per la sua virtù ma sarà ammirato
perché incitò altri allo zelo. In conclusione: fuggite le assemblee e i luoghi
di riunione dei Giudei, e non venerate la Sinagoga per i libri, anzi proprio
per questo abbiatela in odio e avversione. Infatti essi fanno ingiuria ai Libri
Sacri perché rifiutano di prestarvi fede, e li travisano, rendendoli colpevoli
di empietà. Ma affinché sappiate che i
libri sacri non conferiscono alcuna santità al luogo in cui si trovano, bensì
che esso è insozzato dalla condotta di coloro che vi si radunano, vi narrerò
una storia del passato. Tolomeo Filadelfo, dopo aver raccolto libri provenienti
da ogni parte della terra, avendo appreso che i giudei possedevano scritti che
trattavano di Dio e del miglior modo di governo, fece venire degli uomini della
Giudea e fece loro tradurre in lingua greca questi testi che poi ripose nel
tempio di Serapide. Tolomeo Filadelfo era greco, e da allora fino ad oggi la
traduzione dei libri dei profeti è stata ivi conservata. Forse che il tempio di
Serapide sarà sacro perché vi si trovano questi scritti? Assolutamente no. Ma i
libri possiedono una loro propria santità, che non trasmettono al luogo che li
custodisce, a causa dell’empietà delle persone che vi si radunano. Si deve
pensare nello stesso modo per quanto riguarda la Sinagoga. Anche se in essa non
si trova alcun idolo, tuttavia vi abitano i demoni. E non parlo soltanto di
questa Sinagoga qui, parlo anche di quella di Dafne, ove si trova un antro
ancora peggiore, denominato antro di Matrona. Ho udito che molti fedeli vi si
recano e dormono nelle vicinanze di quel luogo. Ma lungi da me il chiamare
costoro fedeli. Il tempio di Matrona e quello di Apollo sono ugualmente impuri;
e se qualcuno mi accuserà di eccessiva audacia, io lo accuserò a mia volta di
estrema follia. Infatti rispondimi, forse
che non è impuro il luogo in cui i demoni abitano, anche se non vi si trovano
idoli. Dove si radunano gli assassini di Cristo, dove la Croce è scacciata via,
dove Dio è bestemmiato, dove il Padre è ignorato, il Figlio ricoperto di
ingiurie e la grazia dello Spirito respinta: anzi dove abitano i demoni stessi,
forse che non è un luogo ancor più dannoso?
Là infatti l’empietà è scoperta e bene in vista,
e non le sarà facile sedurre o ingannare le persone virtuose ed assennate: qui
invece, dicono di adorare Dio, di ripudiare gli idoli, di rispettare e adorare
i Profeti, mentre con le loro parole preparano trappole ed irretiscono gli
imprudenti ignoranti. Per questa ragione la loro empietà è uguale a quella dei
greci, ma i Giudei fanno uso di un’impostura molto più funesta. Infatti
anch’essi hanno un altare perfido, non visibile, dove non immolano pecore e
vitelli bensì uccidono le anime degli uomini. Insomma, se tu ammiri le abitudini
dei Giudei che cosa vi è di comune tra noi? Infatti se le abitudini dei Giudei
fossero venerabili e nobili, le nostre sarebbero false; se invece le nostre
sono veritiere, ed in realtà lo sono, le loro saranno piene di menzogna. Non
parlo delle Scritture Sacre; esse infatti mi hanno condotto come per mano fino
a Cristo: parlo dell’empietà e della follia attuale dei Giudei.
Ma è ora giunto il momento di mostrare che i
demoni abitano qui, non soltanto nella Sinagoga, ma negli animi stessi dei
Giudei: “Lo spirito immondo – dice
Cristo – dopo essere uscito da un uomo si aggira nei luoghi aridi cercando
la pace, ma non trovandola esclama: ‘‘Ritornerò nella mia dimora” ed essendovi
ritornato, la trova vuota, ben pulita ed ordinata. Allora riparte e prende seco
sette altri spiriti più malvagi di lui e li fa entrare e l’ultima condizione
dell’uomo sará peggiore della precedente. Cosi sarà anche per questo popolo”
(Mt. XII, 43-45) (Lc. XI, 24-26). Vedi come nei loro animi ora dimorano demoni
peggiori dei precedenti. E non è una ingiuria! Infatti allora essi peccavano
contro i Profeti, oggi insultano lo stesso Signore dei Profeti. E voi dunque,
ditemi: vi riunite nello stesso luogo con questi uomini indemoniati, abitati da
spiriti immondi, allevati e nutriti nel sangue e nell’assassinio, e non
inorridite? Invece di salutarli e anche solo di conversare con loro, non
bisognerebbe piuttosto stare lontani come dalla pestilenza e da un’epidemia
mortale? Non hanno forse compiuto empietà di ogni genere? Non li condannano
forse tutti i profeti in lunghi e numerosi discorsi? Quali fatti tragici, quali
esempi di malvagità essi non hanno eclissato con i loro sacrileghi assassinî!
Hanno sacrificato ai demoni i loro figli e le loro figlie, hanno abbandonato le
leggi naturali, hanno dimenticato i dolori del parto, hanno calpestato
l’educazione dei figli, hanno sconvolto dalle fondamenta le leggi della
consanguineità e sono stati peggiori di qualsiasi belva (Salmo CV, 37). Infatti
frequentemente le belve sacrificano la vita, posponendo la propria salvezza
alla difesa dei loro piccoli: costoro invece, senza essere spinti da alcuna
necessità, hanno sacrificato i figli con le loro proprie mani, per onorare i
nemici della nostra vita, i demoni sacrileghi. Di questo loro comportamento che
cosa ci stupisce di più? L’empietà oppure la crudeltà o la loro totale mancanza
di umanità? Il fatto che abbiano sacrificato i figli, oppure il fatto che li
abbiano immolati ai demoni? Ma non hanno forse superato nella loro smisurata
dissolutezza ed insolenza anche le peggiori belve? Udite come si esprime il
Profeta a proposito della loro smodata intemperanza: “Si sono trasformati in stalloni, ognuno nitriva alla donna del suo prossimo”
(Ger. V, 8). Non ha detto che ognuno desiderava la donna del vicino ma ha
chiaramente espresso la follia dei Giudei chiamandola dissolutezza di bruti.
7 – Che altro vi dirò? Vi parlerò delle loro
rapine, della loro avarizia, delle spogliazioni a danno dei poveri, dei furti,
delle truffe? Non mi basterebbe una giornata intera. Ma, mi direte, le loro
feste hanno in sé qualcosa di nobile e di grandioso. Eppure si sono dimostrate
empie. Ascoltate il Profeta, anzi ascoltate Dio stesso, con quanta forza le
detesta: “Io odio, bandisco le tue feste”
(Amos V, 21). Dio le odia e voi vi partecipate. Egli non ha indicato questa o
quella singola festa, bensì assolutamente tutte. Non sapete che Dio odia anche
il culto che viene esercitato con cembali, cetra, salterio e altri strumenti? “Allontana da me il suono dei tuoi canti”
dice “non ascolterò il suono dei tuoi strumenti”
(ibid. V, 22). “Allontana da me” dice Dio,
e voi correte ad ascoltare le trombe? Ma questi sacrifici e queste offerte non
sono forse odiose? “Se mi offrirete fior di farina lo farete invano. Per me il vostro incenso è cosa esecranda”
(Is. I, 13). L’incenso è cosa esecranda e il luogo in cui viene offerto non lo
è? E allora quando lo sarebbe? Prima che avessero commesso il più grande
delitto, prima che avessero condannato il loro Signore, prima della Croce,
prima del sacrificio di Cristo era cosa esecranda. E adesso forse non lo è
molto di più? In verità che cosa vi è di più profumato del fumo dell’incenso?
Ma Dio non guarda alla natura dei sacrifici offerti, bensì all’animo di coloro
che li offrono, e secondo la loro intenzione misura l’entità delle offerte.
Egli ha rivolto la sua attenzione ad Abele ed ai suoi doni: ha visto Caino e ha
respinto i suoi sacrifici. Infatti è detto: “Non ha rivolto la sua attenzione a Caino ed alla sua offerta”
(Gen. IV, 5). Noè offrì a Dio un sacrificio di pecore, vitelli ed uccelli, “ed il Signore sentì un profumo soave”
dice la Scrittura (Gen. VIII, 21) il che significa che Dio gradì l’offerta.
Infatti Dio non ha sensi perché è incorporeo. Benché dall’altare si alzi
soltanto puzzo di bruciato e fumo di corpi combusti – e non vi è nulla di più
sgradevole per l’odorato – Dio, affinché voi sappiate che Egli accetta o
respinge i sacrifici a seconda dell’animo dell’offerente, chiama odore soave il
puzzo ed il fumo, e cosa esecranda l’incenso. Questo perché lo spirito degli
offerenti è ripieno di grande fetore. Vi farà piacere sapere che Dio è avverso
al tempio, anche quando vi sono sacrifici, musiche, feste e profumi, a causa
delle persone che vi entrano. Egli lo ha chiaramente dimostrato, prima
consegnandolo nelle mani dei barbari, poi radendolo al suolo. Ed in verità,
prima di distruggerlo, attraverso il Profeta dice: “Non fidatevi delle parole dei bugiardi perchè non vi saranno utili quando dicono:
“E’ il tempio di Dio! E’ il tempio di Dio!””
(Ger. VII, 4). Infatti non è il tempio che santifica coloro che vi entrano,
sono invece quelli che vi entrano che lo rendono un luogo sacro. Se il Tempio
non serviva allora, quando i Cherubini e l’Arca erano lì presenti, tanto meno
servirà ora che sono stati portati via, dopo che Dio ha distolto lo sguardo dai
Giudei e è il motivo della Sua avversione è ancora più grave. Quale follia,
quale demenza sarebbe partecipare alle feste di uomini bollati di infamia, che
si sono allontanati da Dio, che hanno provocato l’ira del Signore! Ditemi,
potreste sostenere la vista di uno che avesse ucciso vostro figlio? Lo stareste
ad ascoltare? O non fuggireste lontano come se fosse il diavolo in persona? I
Giudei hanno ammazzato il figlio del vostro Signore e voi osate andare insieme
a loro, nello stesso luogo? Colui che è stato da loro ucciso vi ha fatto un
così grande onore, elevandovi alla condizione di fratelli e di coeredi e voi lo
disonorate a tal punto che frequentate i suoi assassini, che lo hanno
crocifisso, partecipate alle loro feste, vi recate nei loro luoghi sacrileghi,
entrate negli edifici empi e partecipate alla mensa dei demoni. È la morte che
essi hanno inflitto a Dio che mi induce a chiamare così il digiuno degli ebrei.
Per quale ragione non si dovrebbero chiamare servi dei demoni coloro che
agiscono in modo del tutto contrario al volere di Dio? Vi aspettate forse un
sollievo dai demoni? Quando, col permesso di Cristo i demoni entrarono nel
corpo dei porci, li buttarono subito in mare (Mt. VIII, 31 segg); forse che
risparmieranno i corpi degli uomini? Volesse il cielo che non uccidessero, e
che non tendessero agguati! Hanno cacciato via dal Paradiso gli uomini, li
hanno privati della gloria celeste, e ne rispetteranno i corpi? È ridicolo,
sono false dicerie! I demoni sanno tendere insidie e recar danno, ma non
portare aiuto: non hanno alcun riguardo per l’anima e l’avranno per il corpo?
Tentano di cacciarci dal regno dei cieli e vorranno liberarci dai mali? Non
avete udito il Profeta dire, anzi Dio stesso dirlo per mezzo del Profeta, che
essi non possono farci né del bene né del male? E ammesso pure che essi possano
e vogliano recare aiuto, il che non può essere, non bisogna esporsi al pericolo
delle pene eterne per un piccolo guadagno di breve durata. Curerai il corpo per
perdere l’anima? Il tuo scambio non è vantaggioso, irriti Dio creatore del
corpo, e chiedi aiuto a chi ti tende insidie. Forse che con questo
ragionamento, conoscendo la scienza medica, qualsiasi persona superstiziosa vi
potrebbe indurre ad adorare, senza aver nulla in cambio, gli dei di altre
genti? Infatti spesso anche i pagani hanno curato le malattie a modo loro ed
hanno guarito dei malati. E ci faremo per questo partecipi della loro empietà?
Lungi da noi! Ascolta quello che Mosè dice ai Giudei: “Se in mezzo a voi si
alza un profeta o una persona che dormendo ha fatto un sogno, e vi predice un
evento o un prodigio, e se questo evento o questo prodigio si verificano, e se
allora colui vi dice: “Andiamo a servire gli dei stranieri che erano sconosciuti
ai nostri padri”, non ubbidite alle parole di quel sognatore” (Deut. XIII, 1). Il significato di queste parole è che se un profeta si alza e compie
un atto prodigioso, come resuscitare un morto, o guarire un lebbroso o sanare
uno storpio, e dopo aver compiuta questa azione straordinaria ti invita
all’empietà, tu non dovrai obbedire solo per il fatto che si è verificato il
prodigio. Perché? “Il tuo Dio ti metterà alla prova per vedere se tu lo ami con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima”
(Deut. XIII, 3). Da quanto ho detto appare evidente che i demoni non
guariscono. Ché, se qualche volta, col permesso di Dio guariscono come fanno
gli uomini, questo permesso è concesso per metterti alla prova; non perché Dio
non sappia come tu sei, ma perché tu impari a cacciar via quei demoni che
guariscono. Ma che dirò delle cure del corpo? Se qualcuno ti minacciasse
dell’inferno se non rinneghi Cristo, forse che tu lo ascolteresti? Se uno ti
promette un regno purché tu abbandoni il figlio unico di Dio, voltagli le
spalle, respingilo e detestalo; sii fedele discepolo di Paolo e ripeti le
parole che ha pronunciato quel beato e generoso Apostolo a gran voce: “Sono sicuro che né la morte, né la vita, né gli angeli, né i principati, né le virtù, né le cose presenti,
né le cose future, né l’altitudine, né la profondità, né alcuna
creatura potrà separarci dalla carità divina che è in Gesù Cristo Nostro Signore”
(Rom. VIII, 38-39). Né gli Angeli, né le virtù, né le cose presenti, né le cose
future, nessun’altra creatura può separare l’Apostolo dalla carità di Cristo e
tu te ne allontani per la salute del corpo? Che indulgenza si potrà mai
sperare?Giustamente noi temiamo Cristo più della geenna e Lo preferiamo ad un
regno. Supponiamo di ammalarci: è meglio che rimaniamo preda della malattia
piuttosto che, per liberarcene, cadere nell’empietà. Se il demone ci guarisce,
la sua guarigione nuocerebbe più che giovarci. Infatti avrà recato sollievo al
nostro corpo che comunque poco dopo dovrà morire e marcire, mentre avrà danneggiata
l’anima immortale. I demoni ci promettono la salute del corpo, mentre portano
alla completa rovina la salute dell’anima, proprio come fanno i rapitori che
promettono ai bambini dolciumi, focacce, dadi per giocare ed altri simili doni
e dopo averli adescati li privano della libertà e della vita stessa.
Ebbene, miei cari, non tolleriamo questo, ma
cerchiamo in ogni maniera di liberarci dall’empietà. Forse che Giobbe non
avrebbe potuto lasciarsi convincere da sua moglie a bestemmiare Dio e liberarsi
così dal male che lo affliggeva? “Pronuncia una parola contro Dio e morirai”
(Giob. II, 9) gli diceva, ma egli preferì essere preda di tormenti e dolori e
sopportare quelle terribili piaghe piuttosto che bestemmiare e liberarsi così
dei mali che lo affliggevano. Devi imitare Giobbe anche se il demonio ti
promette di guarirti per sempre dai mali che ti affliggono, non credergli e non
ascoltarlo, proprio come ha fatto quel giusto che non si è lasciato persuadere
dalla moglie. Sopporta con fermezza i tuoi mali piuttosto che annullare la tua
fede ed annientare la salvezza della tua anima. Dio non ti abbandona, ma spesso
colpisce il corpo con una infermità per darti maggior merito. Sopporta dunque
per sentirti dire anche tu: “Perché credi che io ti abbia rivelato il mio responso se non perché tu ti dimostri giusto?”
(Giob. XL, 8).
Mi sarebbe possibile dire ancora molto su questi
argomenti: ma affinché le considerazioni che avete udite non siano dimenticate,
terminerò questa orazione con le parole già pronunziate da Mosè: “Prendo testimoni contro di voi il cielo e la terra”
(Deut. XXX, 19). Se qualcuno di voi andrà alla festa delle Trombe o si recherà
alla Sinagoga o salirà al tempio di Matrona o parteciperà ai loro digiuni o al
loro Sabato, o osserverà un qualsiasi rito giudaico, io almeno sarò innocente
del sangue di tutti voi. Queste parole saranno presenti a me e a voi nel gran
giorno di Nostro Signor Gesù Cristo: se voi obbedirete aumenteranno molto la
vostra fiducia; se non obbedirete od oserete tenere nascosti tali misfatti,
queste parole vi accuseranno aspramente. “Non evitai alcunché per farvi conoscere i disegni del Signore”
(Atti XX, 27; Mt. XXV, 27). Ora io ho consegnato il denaro nelle mani del
banchiere, tocca a voi farlo fruttare e far crescere il patrimonio ed adoperare
il frutto dei sermoni per la salvezza dei vostri fratelli. “Ma non è spiacevole
e odioso denunciare chi è caduto in quei peccati?”. Altrettanto lo è il tacere.
Infatti questo silenzio porterà danno tanto a voi che li coprite come a quelli
che restano nascosti, poiché ci rende nemico il Signore! Non è meglio renderci
odiosi ai nostri fratelli per la loro salvezza, piuttosto che suscitare contro
di noi l’ira di Dio? Infatti nessuno di loro, benché indignato, potrà recarci
danno, anzi alla fine ci ringrazierà per la medicina; mentre se taceremo e gli
nasconderemo il male per amore di amicizia, causando la sua rovina, Dio ci
punirà severamente.
Dunque tacendo ti rendi Dio nemico e nuoci al
fratello, al contrario, denunziandolo e rendendolo noto, avrai Dio propizio e
gioverai al fratello; mentre prima era furibondo, te lo farai amico, e
ammaestrato dall’esperienza comprenderà che gli hai fatto del bene. Non pensate
di fare un regalo ai vostri fratelli se vedendo il loro comportamento assurdo
non li biasimate con tutte le vostre forze. Se ti avessero rubato una veste,
forse che non considereresti ugualmente nemici tanto il ladro quanto colui che
sapendo del furto non lo svela? La Chiesa, nostra Madre, non ha perso una veste
soltanto ma un fratello, che il diavolo ha rapito di nascosto e trattiene nel
giudaismo. Ma come? Tu conosci il rapitore, conosci la vittima, mi vedi far
risplendere la dottrina come una fiaccola e cercarlo ovunque con dolore, e tu
te ne stai zitto e non riveli nulla? Per te, quale indulgenza può esservi?
Forse che la Chiesa non dovrà considerarti come un grande nemico, e giudicarti
avversario e traditore?
In verità non avvenga mai che qualcuno di quelli
che ascoltano questi consigli cada in tale colpa e tradisca un fratello per il
quale Cristo è morto. Cristo versò per lui il suo sangue e tu non hai il
coraggio di dire per lui una parola? Vi esorto a non esitare, ma appena usciti
affrettatevi a questa cattura delle anime e ognuno di voi mi porti un malato.
Può essere, al contrario, che non vi siano tanti uomini affetti da questo male,
allora due o tre di voi o anche dieci o venti, ne portino uno, di modo che quel
giorno visto nella rete il pesce pescato, io vi offra una più lauta mensa.
Infatti quando avrò visto attuato il consiglio che vi ho dato, mi prenderò cura
di loro con animo ancor più ardente, e tanto voi che loro ne trarrete grande
vantaggio. Dunque non trascurate questo consiglio, ma le donne cerchino le
donne, agli uomini il compito di conquistare gli uomini, ai servi i servi, ai
liberi i liberi, ai fanciulli i fanciulli; ognuno infine con ogni cura cerchi
di attirare quelli che sono corrotti dal male. Venite così alla prossima
riunione, al fine di ricevere le nostre lodi, ma più che per i nostri
rallegramenti per ottenere da Dio molta e ineffabile ricompensa, che vale molto
di più delle fatiche. Voglia il Cielo che tutti la otteniamo per la grazia e la
carità di Nostro Signor Gesù Cristo per il quale e con il quale sia gloria al
Padre unitamente allo Spirito Santo, ora e sempre nei secoli dei secoli. Così
sia.