Translate

venerdì 27 ottobre 2023

Palestina, tra Fede e Apostasia

Palestina, tra Fede e Apostasia 


Di Monsignor Filippo Ortenzi 


L’art. 3 della Costituzione Italiana afferma: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”, una dichiarazione del genere è inconcepibile in tutti paesi a maggioranza islamica, dove la fonte principale del diritto è la sharia e i fedeli delle religioni non islamiche sono, al più, tollerati ma soggetti a numerose limitazioni. Lo Stato di Palestina non fa eccezione, tanto che mentre permette le minoranze cristiane e la minoranza samaritana (setta eretica dell’ebraismo della quale sopravvivono meno di 400 fedeli concentrati nel villaggio di Kiryat Luza, vicino Nablus), perseguita come apostati i fedeli di religioni d’origine islamica, come gli ahmadi, i drusi  e i bahai. A Gaza, dove regna Hamas (Movimento di Resistenza Islamica) gli ahmadi e i bahai, se scoperti vengono uccisi per apostasia.



Riguardo i cristiani sotto il regime fondamentalista islamico di Hamas a Gaza o dello Stato di Palestina (Dawlat Filasṭīn - letteralmente Terra dei Filistei), che erano un numero significativo nel passato oggi sono rimasti pochissimi, circa 40.000 in Cisgiordania (per metà greco-ortodossi, il resto cattolici latini e melchiti, con qualche centinaio di luterani e anglicani) e 1000 a Gaza (per il 70% ortodossi, il 20% cattolici e il resto battisti e anglicani), spesso oggetto di prepotenze da parte della maggioranza islamica. Va fatto presente che i Tribunali palestinesi adottano la sharia e appliocano la pena di morte in numerosi casi, tra le quali c’è l’adulterio e l’apostasia (se un musulmano cambia religione viene messo a morte). Le discriminazioni, le angherie stanno portando alla rapida scomparsa nel cristianesimo in Palestina. Prendiamo ad esempio il villaggio di Taybeh, 2300 abitanti tutti cristiani (greco-ortodossi, cattolici latini e greco-cattolici melchiti), che ha visto la diaspora di oltre 12.000 abitanti verso gli Stati Uniti e, in misura minore, verso il Cile e il Guatemala. Nel settembre 2005 Taybet venne assaltata e messa a ferro e fuoco (letteralmente perché molte case furono incendiate) da fanatici islamici perché una donna musulmana di un villaggio vicino si era innamorata di un ragazzo cristiano, senza che la polizia palestinese intervenisse e che si salvarono soltanto grazie all’intervento delle truppe d’occupazione israeliane. Di diritti delle comunità Lgbt che tanto piacciono alle sinistre che manifestano in difesa dei “partigiani” della Resistenza Islamica (Hamas), non ne parliamo. Rischiano letteralmente la pelle e se si vogliono salvare debbono rifugiarsi in Israele, in quanto anche negli Paesi Islamici sono egualmente oggetto di persecuzione. D’altra parte gli omosessuali non sono buoni neppure come “martiri” perché se muoiono si troverebbero a disagio con 72 houri (vergini eternamente illibate) dello Jannah, il paradiso erotico dell’Islam dove il credente, che ha dato la vita per l’Islam, vive in un eterno bordello. Ma la cosa assurda di tutto questo è che le Chiese Cristiane di Gerusalemme, sia quella cattolica latina del Patriarca (italiano) Pierbattista Pizzaballa, che quella greco-ortodossa del Patriarca (greco) Teofilo III, sono dichiaratamente schierati con l’Autorità Nazionale Palestinese. Vi è una cultura di dhimmitudine (sottomissione) che danneggia soprattutto la comunità cristiana, tartassata e sottomessa per secoli alla dominazione islamica, che limitandone la libertà (divieto di proselitismo e costruzione di nuovi luoghi di culto), pagamento della jizya (imposta di capitazione) e kharaj (imposta sulle terre delle popolazioni sottomesse non islamiche). La comunità occidentale deve sì lottare per il diritto degli arabi palestinesi ad un loro Stato, ma purché garantisca libertà civili e religiose a tutti, non sia oppressivo delle minoranze etniche, sessuali e religiose e dia dignità sociale a tutti i cittadini, se al contrario si dovesse creare un Califfato islamico basato sulla sharia in mano ad organizzazioni terroristiche è meglio il mantenimento dello status quo, anche nell’interesse degli stessi palestinesi.


(Monsignor Filippo Ortenzi, Arcivescovo Metropolita della Chiesa Ortodossa Italiana) 

Nessun commento:

Posta un commento